Nubi che di notte si addensano nella zona industriale, polvere nera che al mattino viene ritrovata sui balconi delle abitazioni alla periferia della città. Tutto documentato attraverso filmati e fotografie che circolano sui social proprio nei giorni in cui Legambiente assegna a Barletta il triste primato di comune pugliese con i valori più alti di pm10 e pm2,5, ossia materiale particolato aerodisperso. Il Comitato Operazione Aria Pulita annuncia la richiesta immediata di interventi da parte della Prefettura e della Procura per fare chiarezza su quanto accade, soprattutto di notte, nei principali complessi industriali della città. Ma l’allarme inquinamento a Barletta era stato già rilanciato negli scorsi mesi dai movimenti ambientalisti dopo la pubblicazione dei risultati del biomonitoraggio effettuato sulle unghie di quasi 400 bambini. Lo studio condotto dall’associazione Medici per l’Ambiente aveva rilevato come i bambini che vivono e frequentano la scuola in un’area urbana esposta alle emissioni dei cementifici mostrino un bioaccumulo cronico di metalli tossici e una significativa esposizione all’inquinamento da PM10. E mentre le istituzioni tardano a dare risposte anche sui dati di evidenza scientifica, le polemiche non risparmiano neppure i controlli sulla qualità dell’aria che in alcuni casi latitano in maniera preoccupante. La storia della centralina mobile dell’Arpa, abbandonata nel giardino di una scuola elementare in via dei Pini, è emblematica. Da mesi non più funzionante, si attende che il Comune procuri l’allacciamento alla rete elettrica che servirebbe ad alimentarla. Costo dell’operazione: 6mila euro. Un esborso per alcuni giudicato troppo oneroso dal momento che la stazione di rilevamento non dovrebbe permanere fissa in un luogo ma essere spostata di volta in volta lì dove si renda necessaria la sua attività. In alternativa l’Arpa Puglia, che da pochi mesi ha una sede distaccata proprio a Barletta e che sino a qualche settimana fa ignorava l’esistenza di questa centralina, dovrebbe quanto meno impegnarsi a trovarne un’altra collocazione.
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