L’8 e il 9 giugno gli italiani sono chiamati alle urne per esprimersi su cinque referendum abrogativi, quattro legati al mondo del lavoro, uno al tema della cittadinanza. Ma mentre i promotori – tra cui la Cgil – spingono per il Sì, un’ampia parte del fronte politico invita a votare No, o addirittura a non ritirare le schede.
Tra questi, anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ha dichiarato che si recherà al seggio ma non voterà ai referendum, sostenendo che “alcune proposte sono pericolose per le imprese e per l’equilibrio sociale” e definendo la consultazione come “strumentale e ideologica”.
Le motivazioni del No variano per ciascun quesito. Sul primo, che chiede l’abrogazione delle norme del Jobs Act che limitano il reintegro per licenziamento illegittimo, i contrari ritengono che cancellare quelle norme riporterebbe indietro il mercato del lavoro, minando la stabilità e scoraggiando le assunzioni.
Il secondo quesito punta a eliminare il tetto massimo di indennizzo per i lavoratori licenziati ingiustamente dalle imprese con meno di 15 dipendenti. Per il fronte del No, questo aumenterebbe i costi e i rischi legali per aziende già fragili, penalizzando la competitività.
Il terzo quesito propone di eliminare la liberalizzazione dei contratti a termine introdotta nel 2018. I contrari sostengono che ciò renderebbe più difficile per le imprese assumere in modo flessibile, specialmente nei settori stagionali o a bassa stabilità.
Sul fronte degli appalti, il quarto quesito mira a reintrodurre la responsabilità solidale del committente per gli infortuni sul lavoro anche nei contratti pubblici. Il fronte del No teme che questa norma rallenti l’operatività degli appalti e aumenti il contenzioso, senza garantire maggiori diritti ai lavoratori.
Infine, il quinto quesito tocca un tema delicato: la riduzione da dieci a cinque anni del periodo di residenza in Italia richiesto agli stranieri extracomunitari maggiorenni per ottenere la cittadinanza. I contrari vedono questa modifica come troppo permissiva, non accompagnata da criteri certi per misurare l’integrazione linguistica, culturale e sociale del richiedente.
Tra le file del No ci sono non solo la maggioranza di governo, ma anche alcuni esponenti di centro e sindacati come la Cisl. L’obiettivo dichiarato è evitare che venga raggiunto il quorum, fissato al 50% più uno degli aventi diritto.
Spetterà ora agli elettori decidere se e come partecipare. Le urne saranno aperte domenica 8 giugno dalle 7 alle 23 e lunedì 9 giugno dalle 7 alle 15.