Figurano anche il centrocampista del Bari, Mattia Maita, e un imprenditore tessile del capoluogo tra le vittime della banda, capeggiata dalla famiglia Giammaria del San Paolo, specializzata nei furti di carte di credito e di denaro smantellata dai carabinieri tra Bari, Giovinazzo e Foggia. Nelle scorse ore i militari del Comando Provinciale dell’Arma hanno dato esecuzione all’ordinanza con cui il Gip di Bari, Rossana de Cristofaro, ha disposto complessivamente 11 misure, di cui due in carcere, quattro ai domiciliari e cinque obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria. Per uno degli indagati, invece, la misura è stata respinta.
Secondo l’accusa, gli indagati, attraverso veri e propri turni quotidiani, presidiavano i parcheggi dei principali centri commerciali e le strade nei pressi del porto di Bari e, dopo aver individuato gli automobilisti da colpire, passavano all’azione rubando dall’abitacolo soldi, carte di credito e oggetti di valore, approfittando dell’assenza del proprietario o in alcuni casi distraendo gli stessi con la foratura di uno degli pneumatici, in modo da costringere la vittima a fermarsi e a scendere dall’abitacolo.
Subito dopo i furti, prelevavano dagli sportelli bancomat i contanti utilizzando le carte rubate. In particolare l’imprenditore tessile, dopo essere stato derubato di un mazzo di chiavi lasciato nella propria auto parcheggiata nei pressi di un centro commerciale, è stato pedinato dai ladri per alcuni giorni al fine di individuare il luogo di residenza nel quale compiere il furto, evitato solo grazie all’attività d’indagine dei Carabinieri. Nella banda ci sono sette fratelli, due nipoti e un cugino, appartenenti alla famiglia Giammaria. Gli indagati devono rispondere di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di delitti contro il patrimonio.
L’inchiesta avrebbe accertato le responsabilità degli indagati su 19 distinti episodi criminosi. Sono stati scoperti attraverso le analisi dei tracciati gps, del contenuto delle conversazioni intercettate, delle immagini registrate dai sistemi di videosorveglianza, ma anche a seguito delle attività di osservazione e di pedinamento. Il gruppo prendeva solitamente di mira «soggetti in condizione di oggettiva vulnerabilità», come anziani, donne sole al volante e lavoratori stranieri che lasciavano le auto in sosta.