Un confronto che doveva essere solo verbale ed invece si è trasformato in una tragedia. È questa la versione fornita in aula da Salvatore Vassalli, l’operaio di Canosa di Puglia imputato per l’omicidio del fisioterapista Mauro Di Giacomo, freddato a colpi di pistola la sera del 18 dicembre 2023 nel quartiere Poggiofranco di Bari.
Secondo quanto raccontato dall’imputato alla Corte d’Assise, Vassalli avrebbe raggiunto la vittima sotto casa, dopo averla vista scendere dall’auto con le buste della spesa. Voleva affrontarlo per la causa civile che la figlia, anni prima, aveva avviato contro Di Giacomo, accusandolo di averle causato danni fisici permanenti durante una seduta fisioterapica. Ma il dialogo sarebbe presto degenerato in uno scontro fisico.
Prima una lite fatta di spintoni e ceffoni, poi Vassalli avrebbe fatto ritorno alla sua auto per cercare, dice, qualcosa con cui difendersi. Da lì prende una pistola, lasciata in macchina dal giorno prima. La colluttazione continua, e partono i primi colpi. Vassalli afferma che l’arma ha sparato accidentalmente mentre i due lottavano e che mettere il dito sul grilletto sarebbe stato un gesto istintivo.
Ma la ricostruzione della Procura è molto diversa. Secondo gli inquirenti, Di Giacomo sarebbe stato colpito in volto e poi alle spalle, mentre cercava di fuggire. A terra, sarebbe stato finito con altri colpi alla testa e alla mano, probabilmente sferrati con il calcio della pistola.
In aula, Vassalli ha detto di essersi pentito, ma anche di non essersi costituito subito per paura di ritorsioni contro la sua famiglia. Ha spiegato di non aver compreso nell’immediato la gravità delle ferite inflitte alla vittima.
Una ricostruzione che ora spetta alla Corte d’Assise analizzare nel dettaglio, per stabilire se si sia trattato davvero di una reazione improvvisa o di un’azione deliberata maturata da tempo.