Cronaca

Carabiniere ucciso, Giannattasio non parla davanti al gip: l’avvocato chiede lo “stub” per dimostrare che non ha sparato

Si è avvalso della facoltà di non rispondere in attesa delle determinazioni della Procura, Camillo Giannattasio, il 57enne originario di San Giorgio Jonico comparso davanti al gip di Taranto, Francesco Maccagnano. L’uomo è uno dei protagonisti della drammatica vicenda che ha portato alla morte del brigadiere capo dei carabinieri Carlo Legrottaglie, ucciso in uno scontro a fuoco avvenuto nella zona industriale di Francavilla Fontana.

Al momento Giannattasio è indagato per detenzione illegale di armi, munizioni e ricettazione. Non è formalmente accusato dell’omicidio, per il quale la Procura di Brindisi ha chiesto la trasmissione degli atti. A difenderlo l’avvocato Luigi Danucci, che ha già chiesto per il suo assistito la prova dello stub, il test che rileva eventuali tracce di polvere da sparo sulle mani. Un tentativo di alleggerire la sua posizione, dimostrando che non avrebbe premuto lui il grilletto ma il suo complice, Michele Mastropietro, 59enne di Carosino, pregiudicato già condannato per rapine e associazione a delinquere. I due sono stati intercettati durante la fuga in una zona di campagna a pochi chilometri dal luogo in cui era stato ucciso Legrottaglie. Quando le forze dell’ordine hanno cercato di fermarli, ne è nato un conflitto a fuoco: Mastropietro è rimasto ucciso, mentre Giannattasio è stato catturato e portato in caserma. Le successive perquisizioni hanno rivelato un vero arsenale nascosto nella ferramenta gestita da Giannattasio: pistole con matricole abrase, fucili a canne mozze, munizioni di vario calibro, coltelli, telefoni cellulari, persino accessori per travisarsi. Un carico inquietante per un uomo considerato, fino a quel momento, un insospettabile. Ma il suo nome non è nuovo agli inquirenti: già nel 2013 era finito tra gli indagati, poi prosciolto, nell’inchiesta “Armored” sulle rapine ai portavalori tra Taranto e Lecce. In quell’indagine, il suo presunto complice, Michele Mastropietro, fu condannato a nove anni di carcere come membro di un gruppo criminale ben organizzato.

Oggi restano ancora molti interrogativi da sciogliere. Come la destinazione dei due uomini che viaggiavano armati, vestiti con abiti pesanti nonostante il caldo, forse in procinto di compiere una rapina. Dubbi ai quali dovranno rispondere le Procure di Brindisi e Taranto, che stanno lavorando fianco a fianco per fare piena luce su questa vicenda dai contorni ancora oscuri. Intanto Giannattasio, attualmente detenuto nel carcere di Taranto, continua a professare la sua innocenza. Al suo avvocato avrebbe ripetuto più volte di non aver sparato. Per appurare la verità potrebbe risultare decisiva la testimonianza del carabiniere sopravvissuto al conflitto a fuoco, l’appuntato Costanzo Garibaldi, che quella mattina era in servizio accanto al brigadiere Carlo Legrottaglie, rimasto tragicamente ucciso.

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