Ha patteggiato il pagamento di poco più di 4mila euro per farmaci sottratti all’Istituto Tumori “Giovanni Paolo II” di Bari, l’ex primario di Oncologia Medica, Vito Lorusso, già arrestato per peculato e concussione per aver chiesto soldi a pazienti malati di cancro per visite (molte delle quali gratuite), ricoveri e velocizzare pratiche burocratiche. Una vicenda per la quale l’uomo aveva già patteggiato una condanna a cinque anni.
Il nuovo patteggiamento, che era stato proposto ma poi respinto in udienza preliminare, è arrivato in dibattimento, con il medico che dovrà anche pagare le spese legali sostenute dalla parte civile, vale a dire il centro oncologico barese, già risarcito.
Nell’ambito della stessa inchiesta sui farmaci portati via dalla struttura, utilizzati per visite e terapie somministrate privatamente, già sette tra infermieri e operatori sanitari avevano patteggiato pene da 1 anno e 4 mesi e 2 anni di reclusione.
Lorusso è inoltre a processo nell’ambito dell’inchiesta “Codice Interno”, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, sui presunti legami tra criminalità organizzata, politica e mondo dell’imprenditoria. In base a quanto sostenuto dall’accusa, l’oncologo avrebbe avuto un ruolo nella raccolta di voti da esponenti dei clan in favore della figlia, Maria Carmen Lorusso, candidata alle amministrative baresi del 2019, e poi eletta in consiglio comunale nelle file del centrodestra.
Figura centrale, in questa vicenda – secondo gli inquirenti – quella dell’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri, marito della Lorusso, a processo con rito abbreviato per voto di scambio politico-mafioso ed estorsione. Nei suoi confronti la Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha chiesto una condanna a dieci anni di reclusione.



