Appartiene a Francesco Diviesti, il 26enne barlettano scomparso nel nulla la notte del 25 aprile, il corpo carbonizzato ritrovato quattro giorni dopo in una grotta nelle campagne tra Canosa di Puglia e Minervino Murge. La conferma è arrivata dagli esami genetici condotti dal medico legale Sara Sablone del Policlinico di Bari, grazie al confronto del DNA con quello dei familiari. Nel luogo del ritrovamento, gli inquirenti hanno rinvenuto bossoli compatibili con due diverse pistole. Sul corpo, segni riconducibili a colpi d’arma da fuoco, che fanno ipotizzare l’uccisione sul posto prima che il cadavere venisse bruciato. Ora si attende il nulla osta dei magistrati per la restituzione della salma ai familiari.
Secondo la ricostruzione degli investigatori, Diviesti, la sera della scomparsa, era stato coinvolto in due diverse discussioni, una in pieno centro cittadino e un’altra nei pressi di un bar in via Boggiano, nel quartiere Settefrati. Cinque le persone finite nel registro degli indagati: l’albanese Igli Kamberi, i barlettani Antonio Lanotte, Saverio e Nicola Dibenedetto, padre e figlio, e Francesco Sassi di Minervino Murge.
Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari, seguono la pista dell’omicidio aggravato dal metodo mafioso. La polizia scientifica ha esaminato alcuni reperti sequestrati da una villa nella disponibilità di uno degli indagati situata poco distante dal luogo del ritrovamento del cadavere. La Squadra Mobile di Andria avrebbe invece operato ulteriori rilievi su un’auto, una Citroen, che potrebbe essere stata utilizzata per trasportare Diviesti sino alla grotta dove è stato ritrovato.