Cronaca

“Il fatto non costituisce reato”, assolta in appello l’avvocatessa andriese Favullo: era accusata di aver favorito il clan Pesce

L’avvocatessa andriese Tiziana Favullo è stata assolta con formula piena ed è tornata in libertà. La Corte d’Appello di Bari ha ribaltato la condanna inflitta in primo grado dal gup del Tribunale di Bari, nei confronti della professionista 51enne, a 4 anni e 10 mesi. La vicenda giudiziaria rappresenta una costola del processo in corso al clan Pesce di Andria con le accuse a vario titolo – e secondo le rispettive responsabilità – di estorsione tentata e consumata, e di usura con l’aggravante del metodo mafioso. In particolare la vicenda che vedeva coinvolta l’avvocatessa Favullo riguarda un presunto prestito usuraio che i Pesce avrebbero concesso ad un giovane commerciante. A fronte di un prestito di circa 23mila euro, il giovane dopo appena un mese ne avrebbe dovuto restituire quasi il doppio. Per questo motivo la madre del ragazzo, preoccupata per le minacce ricevute, si era rivolta a Tiziana Favullo che in quel momento curava la vendita di un immobile per la stessa famiglia. Nello studio della professionista si sarebbe quindi tenuto un incontro con i Pesce finalizzato a dilazionare il pagamento del prestito usuraio e per dimostrare che la famiglia, grazie alla vendita dell’immobile, sarebbe stata in grado di pagare il debito del giovane. La ricostruzione non ha retto per i giudici di secondo grado. La prima sezione penale ha quindi assolto l’avvocatessa con formula piena “perché il fatto non costituisce reato”. Così Tiziana Favullo, che nel frattempo era ai domiciliari, è tornata in libertà. Parallelamente è stata rideterminata la pena nei confronti dell’altro imputato Giuseppe Loconte, 22enne: per lui uno sconto di pena da 6 anni, 10 mesi e 20 giorni di reclusione a 5 anni, 1 mese e 10 giorni. Il filone principale dell’inchiesta che vede coinvolto il clan Pesce è in corso in primo grado.

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