Cronaca

LECCE | Armi e corruzione, il giudice molfettese De Benedictis ascoltato per 8 ore dai magistrati

È stato interrogato per più di 7 ore dai magistrati, nel carcere di Lecce, l’ex giudice molfettese Giuseppe De Bendictis, arrestato il 24 aprile scorso nell’ambito di due diverse indagini coordinate dalla Procura salentina.

L’indagato ha raccontato la sua versione dei fatti, riassunta in due differenti memoriali, relativamente alla doppia inchiesta che lo vede coinvolto, portata avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia.

La prima si riferisce dei presunti episodi di corruzione in atti giudiziari, contestati in concorso con l’avvocato barese Giancarlo Chiariello, anche lui finito in manette. L’accusa riguarda alcune scarcerazioni avvenute in cambio di soldi e favori. Poi, il 13 maggio, mentre si trovava già in carcere, De Benedictis è stato raggiunto da una seconda ordinanza di custodia cautelare, questa volta per traffico e detenzione di armi ed esplosivi.

Il secondo provvedimento a suo carico è scattato a seguito del ritrovamento della Squadra Mobile di Bari, in una villa alla periferia di Andria di proprietà dell’imprenditore Antonio Tannoia, di un vasto arsenale da guerra riconducibile al giudice, noto collezionista di armi.

Assistito dai suoi legali, De Benedictis è stato ascoltato quattro volte dai magistrati della Procura di Lecce. Le prime due davanti alla gip Giulia Proto, nell’ambito degli interrogatori di garanzia seguiti alle misure cautelari, le altre alla presenza dei pm che stanno coordinando le due indagini, Roberta Licci e Alessandro Prontera. Le sue dichiarazioni, tuttavia, non hanno mai convinto a fondo gli inquirenti, convinti che il giudice sappia più di quello che ha raccontato in merito alle vicende che lo vedono coinvolto.

Dal canto suo, l’indagato si è sempre dichiarato disposto a collaborare con la Giustizia anche se, sul contenuto dell’interrogatorio di ieri, vige il massimo riserbo.

I suoi avvocati, al termine dell’incontro con i magistrati leccesi, hanno dichiarato che il loro assistito “è molto provato” dopo 47 giorni di carcere, ma al tempo stesso lucido nel ricostruire gli episodi oggetto dell’inchiesta, i cui sviluppi potrebbero portare a nuovi filoni d’indagine.

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