Intrecci e rapporti tra le varie organizzazioni mafiose della Capitanata che emergono interrogatorio dopo interrogatorio. Testimonianze di pentiti, una delle novità della mafia foggiana, che negli ultimi tempi ne ha contati diversi in netta controtendenza rispetto al passato. Una di queste è quella di Giuseppe Francavilla, l’ex boss di 47 anni, oggi collaboratore di giustizia, interrogato in video conferenza nel processo d’appello a Bari contro Giuseppe Albanese, il foggiano già condannato in primo grado all’ergastolo per concorso nell’omicidio di Rocco Dedda, il 46enne, ritenuto contiguo al clan Sinesi-Francavilla, ucciso sull’uscio della sua abitazione, un pianoterra di via Capitanata, quando due sicari bussarono alla sua porta, aperta proprio dalla vittima, colpita con tre colpi di pistola all’addome che si rivelarono fatali in un freddo pomeriggio di gennaio del 2016. Giuseppe Francavilla nelle sue dichiarazioni in Corte d’Appello ha affermato di aver riconosciuto Giuseppe Albanese in un video diffuso pochi giorni dopo dalla Polizia, alla ricerca di testimonianze. In maniera particolare – ha affermato Francavilla – lo ha riconosciuto dal modo di camminare, oltre che dalla conformazione del naso e della bocca. Giuseppe Albanese, ritenuto elemento del clan rivale dei Sinesi Francavilla, ovvero la batteria Moretti-Pellegrino Lanza, è detenuto nel carcere di Parma dal novembre del 2018 e per questa vicenda si dichiara innocente. Le dichiarazioni di Giuseppe Francavilla si aggiungono alle testimonianze di altri cinque pentiti che nel processo di primo grado dissero di aver appreso, in maniera diretta o indiretta, del coinvolgimento di Albanese nell’omicidio di Rocco Dedda. I due killer fuggirono a bordo di uno scooter, bruciato poi nei pressi del Villaggio Artigiani, proseguendo la loro fuga a piedi, come testimoniato dalle telecamere di videosorveglianza.