Chiuse le indagini sul blitz anticaporalato che a dicembre 2021 portò all’arresto di cinque persone nel foggiano. Si tratta dell’operazione che vide coinvolta anche Rosalba Bisceglia, moglie del Prefetto Michele Di Bari, all’epoca capo del dipartimento Immigrazione del Viminale, dimessosi subito dopo il blitz. Rosalba Bisceglia, imprenditrice agricola, era accusata di retribuire i lavoratori extracomunitari al di sotto dei 50 euro a giornata previsti dai contratti. Dopo un anno e mezzo la Procura di Foggia ha confermato le ipotesi iniziali formulate nei confronti della donna e del fratello, ovvero l’aver sfruttato i lavoratori impiegati nella loro tenuta di Manfredonia, reclutandoli attraverso un caporale e pagandoli 35 euro a giornata, cioè appena 5,7 euro l’ora. I braccianti venivano selezionati tra i migranti ospitati nel ghetto di Borgo Mezzanone. L’indagine dei carabinieri, chiamata “Terra Rossa”, conta 16 indagati accusati a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro in violazione dei contratti collettivi. In carcere erano finiti due caporali (un gambiano e un senegalese). Domiciliari per altri tre, mentre Rosalba Bisceglia venne raggiunta dall’obbligo di dimora insieme ad altri imprenditori agricoli, misura revocata dopo circa quattro mesi. Dieci le aziende sottoposte a controllo giudiziario. Fondamentali, ai fini dell’indagine, le intercettazioni che fecero venire alla luce il rapporto tra imprenditori e caporali. La moglie del Prefetto Di Bari aveva spiegato al gip che la propria azienda, totalmente meccanizzata, aveva regolarmente assunto 12 persone cui veniva corrisposto quanto previsto dai contratti nazionali. Ma ad incastrarla ci sarebbero alcune telefonate proprio con uno dei caporali arrestati. Chiuse le indagini, gli indagati potranno chiedere di essere nuovamente ascoltati, prima che il pm decida sulla richiesta di rinvio a giudizio.
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