Si fa ricorso anche all’analisi del DNA per fare luce sul caso del neonato trovato morto, il 2 gennaio scorso, nella culla termica della chiesa di San Giovanni Battista, a Bari. Nell’ambito degli accertamenti disposti dalla Procura del capoluogo, che ha aperto un’inchiesta sulla vicenda, sono stati eseguiti anche gli esami del DNA del bambino, al quale, durante l’autopsia, sono stati prelevati dei campioni per tracciarne un profilo genetico. Una procedura standard, nel caso di vittime non identificate.
Il DNA del piccolo verrà poi comparato dal medico legale con quelli contenuti nelle banche dati della Polizia di Stato. Obiettivo degli inquirenti, è quello di riuscire a risalire all’identità della madre del neonato, le cui ricerche, per il momento, non hanno dato alcun esito.
Intanto l’attività investigativa, coordinata dal Procuratore aggiunto Ciro Angelillis, e dal Pubblico Ministero Angela Morea, procede su un doppio binario: quello dell’abbandono di minore a carico di ignoti, e poi quello dell’omicidio colposo, ipotesi questa per la quale sono tuttora indagate due persone. Si tratta del parroco della chiesa di San Giovanni Battista, don Antonio Ruccia, ed il tecnico elettricista Vincenzo Nanocchio, che alcuni giorni prima del tragico ritrovamento, aveva effettuato un intervento di manutenzione alla culla termica.
Dagli accertamenti effettuati sulla stessa, sarebbe emerso come il sensore del materassino (che avrebbe dovuto segnalare al parroco la presenza di un bambino nella culla) non fosse funzionante, così come anche il climatizzatore dal quale, forse a causa di una perdita di gas, usciva aria fredda anziché calda. Il piccolo, stando ai primi risultati dell’autopsia, sarebbe morto per ipotermia.