Cronaca

Ucciso con 85 colpi, non fu un raptus: per l’omicidio Dogna contestata l’aggravante della crudeltà

La Procura di Bari ha chiuso le indagini e contesta l’aggravante della crudeltà per l’omicidio di Francesco Dogna, 63 anni, informatico barese trovato morto l’8 gennaio nella sua abitazione a Santo Spirito. Il suo corpo era riverso in una pozza di sangue, colpito 85 volte con un coltello ed un forcone da cucina. Per il delitto si trova in carcere il 42enne Antonio Rizzi, reo confesso. I due si conoscevano da anni, e secondo la versione dell’indagato consumavano periodicamente droga insieme. Quella sera, sostiene Rizzi, si sarebbero visti per fumare del crack. Ma alla richiesta di altra droga, Dogna si sarebbe rifiutato e avrebbe afferrato un coltello per mandarlo via. L’aggressione, sostiene l’omicida, sarebbe dunque partita come risposta ad una minaccia. Una ricostruzione che non ha convinto gli inquirenti: la consulenza medico-legale ha escluso l’uso di sostanze da parte della vittima, e nessuna traccia conferma una vera colluttazione. Contro Rizzi ci sono prove oggettive: il tracciamento GPS della sua auto durante la fuga, le celle telefoniche del cellulare sottratto a Dogna e poi lanciato dalla tangenziale, le impronte insanguinate trovate nell’appartamento e in strada, la sua voce registrata dalle telecamere all’ingresso. Dopo il massacro, Rizzi avrebbe vagato per ore, si sarebbe disfatto dell’arma, del telefono e dei vestiti, per poi presentarsi il mattino seguente al SerD, il Servizio per le Dipendenze, come se nulla fosse. Sebbene il movente rimanga sconosciuto, per la Procura non si è trattato di un gesto d’impeto ma di un omicidio volontario eseguito con una ferocia sproporzionata.

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