Un “sistema corruttivo imperante” costituito da “relazioni illecite stabili all’interno della struttura penitenziaria” fatte di privilegi, come incontri o colloqui tra detenuti e famigliari oltre il numero di volte consentito e la possibilità di ricevere beni, il tutto in cambio di denaro. Sono questi alcuni dei passaggi riportati nell’ordinanza del GIP del Tribunale di Trani con la quale è stata disposta la custodia cautelare nei confronti di due agenti della polizia penitenziaria operativi nel Carcere di Trani. Uno è finito in cella, mentre l’altro è stato sottoposto agli arresti domiciliari. Sono 29, nel complesso, gli indagati nell’operazione portata avanti dal Nucleo Investigativo regionale di Polizia Penitenziaria, tra loro diversi famigliari di alcuni detenuti presenti nella struttura carceraria tranese. 6 gli agenti di polizia coinvolti nell’inchiesta, tra cui i 2 raggiunti dalla custodia cautelare. Per gli altri sono in corso ulteriori accertamenti anche se gli inquirenti parlano di possibili sviluppi successivi.
Le indagini sono partite durante il periodo di lockdown nel quale era confinato il paese, nel 2020. Secondo la ricostruzione i due agenti penitenziari hanno permesso ai familiari di visitare i propri cari in carcere nonostante il divieto imposto dall’emergenza pandemica. I parenti avrebbero portato anche beni o soldi. In cambio gli agenti avrebbero avuto del denaro o regali come telefonini, computer e generi alimentari. Gli inquirenti hanno scoperto che non esisteva un vero e proprio tariffario ma i due agenti preparavano gli accordi in base ai tipi di rapporti personali instaurati con i detenuti in carcere. Le indagini sono partite sia grazie ad alcune segnalazioni da parte di colleghi che volevano ribellarsi al sistema criminale messo in piedi all’interno della Casa Circondariale di Trani e con il contributo del DAP, Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria.
Nelle indagini, come ricostruito durante la conferenza stampa con il Procuratore della Repubblica Renato Nitti, sono stati utilizzati sistemi tradizionali come pedinamenti e intercettazioni audio-video ambientali sia nei confronti degli agenti che dei parenti dei detenuti. Gli arrestati avrebbero ricevuto somme da 500 a 1000 euro per ogni favore concesso. Alcune di queste sono state poi realmente consegnate ed altre solo promesse. Sempre secondo le indagini sarebbero stati manomessi gli apparecchi telefonici utilizzati dai detenuti per mettersi in contatto oltre il consentito con la famiglia. E poi ancora perquisizioni personali e locali in 15 abitazioni dislocate tra le Provincia di Bari, Bat, Taranto e Roma. Per gli indagati le accuse, a vario titolo, sono di depistaggio, peculato, corruzione, concussione e abuso d’ufficio.
Il gip di Trani, nell’ordinanza di convalida degli arresti, ha lamentato una scarsa applicazione delle regole in carcere che avrebbe favorito azioni criminali all’interno della stessa struttura.