Arresto e detenzione in carcere confermata anche dal gip del tribunale di Roma per Antonio Fratianni, 56 anni, costruttore foggiano. L’uomo è in cella dal 2 agosto perché accusato del duplice tentato omicidio del boss Antonello Francavilla, capo mafia della società foggiana e del figlio 15enne, entrambi rimasti feriti gravemente a colpi di pistola la mattina del 2 marzo scorso nell’abitazione di Nettuno, dove il malavitoso stava scontando gli arresti domiciliari per estorsione. Fratianni, dicono dalla Dda di Roma che coordina le indagini con la squadra mobile di Foggia, voleva uccidere Francavilla per non restituire la somma di 600 mila euro che avrebbe ricevuto dal boss due anni prima per costruire un palazzo in viale Giotto a Foggia.
E’ il quarto provvedimento cautelare nei confronti di Fratianni che si dichiara innocente e vittima di un tentativo di estorsione da parte dello stesso Francavilla. L’indagato il 2 agosto fu fermato in autostrada vicino Trieste in esecuzione di un decreto della DdA di Roma che gli contesta il duplice tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla mafiosità; nei giorni successivi fu Gip di Trento a convalidare il fermo, escludendo l’aggravante mafiosa, e trasmettendo gli atti al collega del Tribunale di Velletri, nella cui giurisdizione ricade Nettuno; il 16 agosto il Gip di Velletri accogliendo le richieste della Dda aveva confermato il carcere e anche la sussistenza dell’aggravante mafiosa, spogliandosi a sua volta dell’inchiesta per mandare il fascicolo al Gip di Roma compente vista l’aggravante mafiosa. Il Gip capitolino ha ribadito la sussistenza sia dei gravi indizi sia della mafiosità per metodo utilizzato nell’esecuzione dell’agguato e perché il costruttore viene ritenuto «testa di legno asservita agli interessi del clan e collettore di somme di provenienza illecita del sodalizio mafioso». Fratianni è sfuggito alla morte la sera del 26 giugno scorso quando la squadra mobile sventò un agguato ai suoi danni alla periferia di Foggia ordinato dal clan Francavilla per la presunta mancata restituzione dei «soldi sporchi» ricevuti e che avrebbe dovuto reinvestire. Per quel progetto di morte il 22 luglio, su decreto della Dda di Bari la squadra mobile ha fermato 7 foggiani, tra cui Emiliano Francavilla, fratello minore di Antonello, e come lui al vertice dell’omonimo clan.