La sentenza nei confronti di cinque imputati nel processo celebrato in Grecia non può essere applicata in Italia, come invece chiesto dalla difesa. Lo hanno sottolineato i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano cominciando così le loro repliche dinanzi al Tribunale di Bari nel corso del processo per il naufragio della Norman Atlantic, avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri. La sentenza greca riguarda i principali esponenti della società Anek Lines, noleggiatrice del traghetto. In quattro hanno ottenuto pene dimezzate in Appello, poi convertite in una sanzione pecuniaria da 20mila euro perché accusati di reati colposi. Un quinto è stato invece assolto.
Per loro in Italia sono invece state chieste pene pesanti dai 9 agli 8 anni di reclusione. Per la difesa, la sentenza greca dovrebbe essere applicata immediatamente in Italia e determinare l’improcedibilità nel nostro Paese, rispettando il principio per il quale “non si può essere giudicati due volte per lo stesso reato dopo una sentenza diventata definitiva, come riconosciuto a livello di Unione europea con diverse norme”. La Procura di Bari ritiene, invece, che quella sentenza non sia riconoscibile nel nostro Paese perché fondata su una presunta “discriminazione basata sulla nazionalità”, hanno detto i pm, rilevando che il Tribunale greco ha affrontato solo le posizioni degli imputati greci, tralasciando gli italiani fra i quali ci sono l’armatore Carlo Visentini e il comandante Argilio Giacomazzi (per entrambi la Procura di Bari ha chiesto nove anni di reclusione). Le repliche dei pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano si sono concentrate anche sulla posizione del direttore di macchina del traghetto, Michele Lazzizera e sul modello organizzativo e gestionale di Visemar. Confermate le richieste di condanna mentre per le difese la richiesta è quella di assoluzione di tutti gli imputati. La sentenza ora è attesa tra circa due mesi.