Mai come in questo momento della stagione, la sensazione è che il Bari sia sulle spalle del suo capitano, Valerio Di Cesare. Ci si è aggrappato a Reggio Emilia, trovando nella prodezza del difensore, “travestito” per l’occasione da centravanti puro, un gol che ha evitato la sconfitta ma non l’esonero di Michele Mignani. Squadra troppo scarica, nelle idee e nelle gambe, per vedere un futuro promettente, per dirla con le parole del direttore sportivo Ciro Polito. Del pareggio per 1-1 con la Reggiana resta in eredità un’immagine su tutte: quella di Di Cesare – migliore in campo dei suoi, e non è una novità – che a più riprese con la gestualità del corpo ha provato a svegliare e spronare i compagni di squadra. Sbracciando, urlando, chiedendo di stare più sul pezzo. Scene che si sono ripetute più volte, soprattutto nel primo tempo. Il mittente è una ragazzone che con la maglia del Bari a 40 anni, 4 mesi e 17 giorni è diventato l’ottavo giocatore più “anziano” ad andare in rete nel calcio professionistico italiano – in una classifica che comprende anche Zlatan Ibrahimovic, Alessandro Costacurta e l’ex biancorosso Francesco Valiani – e il secondo marcatore più esperto nel campionato di B, alle spalle dell’ex Reggina German Denis e davanti ad Alessandro Lucarelli. Suo capitano a Parma. Suo riferimento nel tentativo di compiere la tripla scalata dalla D alla A. Quell’obiettivo che Di Cesare non ha mai nascosto, quella molla che in estate dopo la delusione della finale playoff persa contro il Cagliari lo ha portato a proseguire il cammino nel calcio giocato e in biancorosso. Ci ha messo la faccia anche in questa stagione con lo sfogo post partita di Parma e le successive precisazioni affidate ai social. Ci ha messo la faccia anche nelle prime ore della gestione Marino in panchina. Tra i primi colloqui voluti e avuti dal nuovo allenatore del Bari c’è stato quello con il capitano. Di Cesare in otto stagioni e 210 partite in biancorosso ha già vissuto nove cambi di allenatore, passando per Nicola, Camplone, Stellone, Colantuono, Cornacchini, Vivarini, Auteri, Carrera, ancora Auteri, Mignani e ora Marino. Immaginiamo che prendere responsabilità ora non gli faccia paura. Sa già che nei momenti difficili ci si aggrappa a chi ha spalle larghe. Quelle di un capitano che vuole portare la sua nave in acque meno agitate.