«Ho dato mandato ai miei legali per procedere con la richiesta del risarcimento per ingiusta detenzione. Lo faccio però con la consapevolezza che nulla potrà ripagare un calvario durato nove anni, nonostante il proscioglimento addirittura in sede di udienza preliminare dopo quasi tre mesi agli arresti domiciliari». A riferirlo è l’ingegnere Nicola Laruccia, oggi 75enne, recentemente assolto dal Tribunale di Bari dall’accusa di corruzione aggravata “perché il fatto non sussiste”.
Laruccia, all’epoca dirigente del servizio urbanistica del Comune di Gioia del Colle (Bari), nel 2015 finì ai domiciliari perché coinvolto in un’inchiesta per presunte tangenti che portò anche all’arresto dell’allora sindaco Sergio Povia, poi assolto in primo e secondo grado.
L’ingegnere era accusato di aver accettato la promessa di una mazzetta da 100mila euro da parte dell’imprenditore Antonio Posa, da dividere con il sindaco e con il responsabile dell’ufficio tecnico comunale Rocco Plantamura. Anche Plantamura è stato assolto dalle accuse.
«Nove anni – prosegue Laruccia – che hanno avuto ripercussioni pesantissime sia sulla mia attività professionale, praticamente terminata in quel febbraio del 2015, e soprattutto sulla mia vita, segnata da una vicenda che anche gli atti processuali hanno confermato di non avere né capo né coda».
Laruccia fu infatti prosciolto nel 2017 dal gup “perché il fatto non sussiste”, ma la Procura fece appello e la vicenda fu assegnata a un’altra sezione del Tribunale. Che a giugno ha assolto Laruccia con sentenza passata in giudicato, mettendo definitivamente fine a una vicenda durata quasi nove anni.