Movente e dinamica restano da individuare: non la modalità dell’uccisione, tipicamente mafiosa, che ha caratterizzato l’omicidio di Francesco Diviesti, il 26enne barlettano scomparso la sera del 25 aprile e rinvenuto senza vita quattro giorni dopo. Il suo corpo semicarbonizzato è stato ritrovato nella tarda mattinata di ieri in una grotta sperduta nelle campagne tra Canosa e Minervino Murge. Dopo il passaggio dell’indagine dalla Procura di Trani, il fascicolo sulla morte del giovane barlettano è ora nelle mani del pm della DDA Ettore Cardinali, che nelle prossime ore affiderà l’incarico per l’autopsia al medico legale Sara Sablone: necessario l’esame del calcolo dentale e del DNA per il riconoscimento ufficiale della vittima.
Le indagini delle forze dell’ordine proseguono in maniera serrata e si concentrano sugli ultimi movimenti di Diviesti prima della tragica scomparsa. Nelle ultime ore è spuntata l’ipotesi di un suo presunto coinvolgimento in una rissa, assieme ad un amico e ad altre persone non ancora identificate, avvenuta in un locale di Barletta nel pomeriggio del 25 aprile. L’ultimo contatto con i suoi familiari poco prima delle 20.30, mentre le telecamere del salone da barba in cui lavorava lo hanno immortalato poco prima della mezzanotte. Dopo quella registrazione, più nulla. Il suo telefono si è spento: nessun riscontro per chi ha provato a cercarlo.
Al momento del ritrovamento, il cadavere presentava segni di combustione avanzata. Si sospetta che siano stati utilizzati materiali infiammabili per accelerarne la distruzione. Malgrado le dichiarazioni del legale della famiglia Diviesti, Michele Cianci, secondo cui non vi è certezza che il corpo sia quello di Francesco, ci sarebbero indizi che sembrano non dare adito a dubbi, come un braccialetto rimasto integro al polso. Resta il massimo riserbo tra gli inquirenti, ma la pista prevalente è che Diviesti possa essere stato vittima di un’esecuzione.



