Esistono storie che sembrano non terminare mai, come quella della famiglia Ferruzzi. Imprenditori ravennati cresciuti nel dopoguerra grazie al capostipite Serafino Ferruzzi, balzati su scala mondiale negli anni Ottanta e poi crollati nel decennio successivo a seguito di una serie di controverse vicende giudiziarie, finanziarie e ineluttabilmente anche umane. Molteplici e spesso discordanti le versioni sui fatti raccontate e scritte in trent’anni: appassionata e struggente quella narrata da Carlo Sama, marito dell’ultimogenita di Serafino Ferruzzi, Alessandra, nonchè cognato di Raul Gardini, nel saggio “La caduta di un impero. 1993: Montedison, Ferruzzi, Enimont’”, edito da Rizzoli, presentato ieri dall’autore in un affollato incontro alle Vecchie Segherie Mastrototaro.
Duecento pagine per descrivere una storia solo apparentemente lontana.
Affari, politica e finanza si intrecciano in una vicenda in cui Carlo Sama non addossa tutte le responsabilità sui giudici di Mani Pulite, che ebbero comunque un ruolo cardine arrestando lui e il suo management, bensì punta anzitutto l’indice verso le banche.
Nella conversazione sul palco di via Porto con l’avvocato Mimmo Di Terlizzi e con la giornalista Viviana Minervini, Sama – che da molti anni gestisce un’azienda agricola di 20mila ettari in Argentina – ha colto infine l’occasione per rimarcare il fascino della Puglia, da cui è stato ammaliato durante questo breve ma intenso soggiorno.