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Bari, dalle terapie geniche alla “ipoacusia nascosta”. Lo stato di salute dell’udito: si chiude il 40° Congresso nazionale Siaf

Sullo schermo scorrono le immagini di una bambina che risponde alle domande della mamma indicando degli oggetti disegnati su un quaderno. Tutto normale se non fosse per la sordità genetica causata da un gene mancante, l’otoferlina, malattia di cui soffre la piccola, una delle 12 pazienti al mondo sulle quali è stata sperimentata una cura genetica che consiste sostanzialmente nell’impiantare il gene sano a livello di orecchio interno, integrandosi con le cellule e ripristinandone il funzionamento. I primi risultati sembrano incoraggianti, ma, è bene precisarlo, siamo ancora in “fase 1”, dunque solo all’inizio, e i casi di questa particolare malattia genetica sono davvero rari. In generale, quelle genetiche sono patologie responsabili di circa il 50-60% delle sordità infantili, che cioè si manifestano in età pediatrica. Per questo, le cure tradizionali (protesi e impianti cocleari) al momento restano assolutamente le uniche da seguire per ripristinare l’organo di senso. Intanto, però, è stato piantato un seme per il futuro: lavorare sul Dna. Di quel seme se n’è parlato a Bari in occasione del 40esimo congresso nazionale della Siaf, Società italiana di audiologia e foniatria, appena concluso, con il prof. Nicola Quaranta, direttore dell’Unità operativa complessa di Otorinolaringoiatria del Policlinico di Bari.
Tra i relatori della intensa tre giorni appena conclusa, il prof. Manhoar Bance (Università di Cambridge), responsabile del progetto Chord, uno dei quattro trial al mondo sulle terapie genetiche, studio clinico appena pubblicato sulla rivista scientifica New England Journal. E’ lui a proiettare le immagini della piccola paziente in cura con la terapia sperimentale. “Circa il 70% dei bambini trattati con questa terapia – spiega Bance – ha avuto un recupero che ha permesso di avere un udito utile e di sviluppare o di iniziare lo sviluppo del linguaggio. La terapia è complicata, potrebbe essere molto costosa, di certo ci vorrà del tempo, non so quantificare quanto, ma abbiamo sordità genetiche”, conclude Bance.
Ma nel congresso si è parlato anche di molto altro. “E’ stato un percorso molto partecipato, partito con l’inaugurazione in un teatro Petruzzelli da tutto esaurito e poi proseguito con una intensa tre giorni di lavori in cui quasi 900 persone tra specialisti di audiologia e foniatria, otorinolaringoiatri, professionisti sanitari, studenti, tecnici hanno approfondito le ultime novità”. Così il prof. Nicola Quaranta traccia il bilancio. “Impianti cocleari, telemedicina, Intelligenza artificiale applicata all’audiologia e foniatria, algoritmi di stimolazione dell’orecchio, protesi, “occhiali acustici” che integrano microfoni direzionali e altoparlanti nelle aste in modo da amplificare le conversazioni senza chiudere il condotto uditivo, oltre le sperimentali terapie geniche per le quali sono stati presentati i primi risultati al mondo”. Ecco i temi affrontati e discussi nel corso delle oltre 250 tra sessioni, tavole rotonde e gruppi di lavoro”. Con un approccio multidisciplinare che ha rappresentato il filo conduttore dei lavori: Bari capitale dell’udito.

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