Secondo le cronache dell’epoca Stefania e Vincenza Porro, due delle sorelle sopravvissute, parlarono dei fatti del 7 marzo 1946 solo al processo quando davanti al giudice dissero “Non non riconosciamo nessuno di questi imputati. Noi abbiamo perdonato”. Ed il ricordo a distanza di 79 anni da quella infausta giornata per la città di Andria viene tramandato attraverso i parenti più prossimi ma anche attraverso un coinvolgimento diretto delle giovani generazioni in questo caso da parte delle scuole e dell’amministrazione comunale. E’ una delle pagine più nere della storia di Andria tristemente ricordata come l’eccidio delle sorelle Porro e ricordata anche oggi con la deposizione di fiori sia nella piazza che porta il nome di Luisa e Carolina, le due sorelle uccise, che davanti al Palazzo in cui vivevano e da cui furono trascinate fuori a forza nel corso dei tumulti di quella giornata prima di esser uccise barbaramente con i corpi poi lasciati per strada tutta la notte. Una vicenda che non deve cadere nell’oblio e che nella sua crudeltà lascia comunque dei messaggi da consegnare alle giovani generazioni.
Sulla vicenda dell’eccidio delle sorelle Porro si dibatte da molti anni. Si è parlato tanto dei perchè in quei giorni di marzo del 1946 le sorelle fossero state prese di mira da manifestanti, nella maggioranza dei casi braccianti agricoli che dopo la fine della guerra chiedevano più diritti e doveri da parte dei latifondisti e che proprio nella città di Andria avevano trovato un punto focale da cui far partire le proteste. La famiglia Porro era una di quelle famiglie con grandi possedimenti ma specialmente le sorelle poi uccise erano sostanzialmente dedite solo alla preghiera ed al ricamo ed avevano anche nel corso della loro vita effettuato ingenti donazioni nei confronti della Chiesa per opere che ancora oggi sono ben visibili in città. Una violenza cieca che vale tuttavia come monito anche a 79 anni da quei fatti.



