Il 12 luglio non potrà mai essere un giorno come gli altri per un territorio martoriato da una tragedia la cui memoria è un obbligo per una serie di ragioni. Alle ore 11,06 di quella caldissima giornata di 9 anni fa, infatti, il futuro di 23 persone si è interrotto per sempre e con loro si è spezzato l’incantesimo che aleggiava su di un territorio che guardava con occhi rinnovati di fiducia a quel preciso momento storico. La tragedia ferroviaria tra Andria e Corato provocata, secondo i giudici di primo grado del tribunale di Trani, da un errore umano, ha segnato definitivamente la vita di familiari, amici e conoscenti di quei 23 angeli che ora guardano le vicende umane dall’alto in un territorio che si è riscoperto fragile come non mai e che dopo 9 anni continua a pagare le pene di quell’inferno di detriti e lamiere. Oltre 50 i feriti da non dimenticare e, la gran parte, tirati fuori da quei due treni accartocciati grazie al prezioso e competente lavoro delle squadre di soccorso giunte in primis da Andria e Corato per poi allargarsi a tutte le provincie di Bari e della BAT. Ci vollero molte ore per capire se sotto quei mucchi di sedili e lamiere ci fossero altri corpi o sopravvissuti. Si lavorò tutta la notte dopo una mattinata ed un pomeriggio passati tra caldo torrido e cicale in quella landa assolata di mezzo tra Andria e Corato. Solo al mattino successivo, dopo diverse versioni sui numeri dei coinvolti, si definì con precisione quale fosse la reale natura della tragedia. Ogni corpo trovò un suo nome, ogni ferito era già stato trattato negli ospedali, ogni soccorritore aveva concluso con tutto il suo carico di emozioni il proprio lavoro. Ognuno di noi che ebbe l’onere di raccontare quelle 24 ore aveva capito che non sarebbe stato come altre tragedie già vissute. Sin dai primissimi momenti, sin dall’arrivo attraverso quel passaggio a livello appena buttato giù da un’ambulanza per poter arrivare più facilmente nell’uliveto in cui parte del treno era finito, sin dal momento in cui affacciandosi dal muretto a secco la scena era quella di un film d’azione che sai però essere una finzione.
Oggi dopo nove anni il racconto si è inevitabilmente spostato verso il processo, in questo caso d’appello che nelle prossime settimane dovrebbe vedere compiuta la nuova sentenza. Oggi dopo nove anni il racconto sembra essersi sbiadito nella mente di molti ma non di tutti fortunatamente. Oggi dopo nove anni dobbiamo ancora raccontare il disastro di quella tragedia ferroviaria che fa sentire ancora le sue conseguenze non solo nelle vite di chi l’ha toccato con mano per una serie di ragioni ma anche nelle vite di tutta la comunità. Il taglio così netto di un collegamento ferroviario che permetteva a tutti i territori interni tra Bari e la BAT di sentirsi effettivamente nella modernità ed emancipati è qualcosa che ha provocato un rapido declino mai fino in fondo analizzato. Il totale cambio delle norme, l’avvio di complessi lavori, le distanze che ora sembrano incolmabili tra il capoluogo di regione e l’hinterland ha costituito un danno che si continuerà a pagare finchè non ci sarà un vero ritorno verso una normalità che ora è tutta da ricostruire. Il ricordo di quel 12 luglio 2016 non sarà mai qualcosa di banale o da derubricare ad un evento di cronaca del territorio. Il ricordo di quel 12 luglio 2016 è un monito, è un messaggio, è un incubo da cui l’intera comunità attende ancora di potersi svegliare.



