Sono 528951 gli studenti iscritti alle scuole pugliesi di ogni ordine e grado per il 2023-2024. Un dato in calo costante, logica conseguenza della crisi demografica che attanaglia il Paese. Saranno distribuiti nelle 627 istituzioni attive sul territorio: 400 del primo ciclo, che comprende gli asili, le elementari e le medie; 214 quelle del secondo ciclo, comunemente definite “superiori”. Il totale comprende anche cinque istituti omnicomprensivi, un convitto omnicomprensivo e 7 Cpia, centri per l’istruzione degli adulti. La Giunta regionale, sulla base del quadro attuale, ha approvato nei giorni scorsi le “Linee di indirizzo per il dimensionamento scolastico” relative al 2024-2025, nelle quali è stabilita una media per istituto di 961 iscritti, che si dovrebbe ottenere attraverso un brusco taglio delle scuole da 627 a 569: in sintesi, nell’arco di pochi mesi dovrebbero essere effettuati 58 accorpamenti, forse anche 60.
Un’analisi dettagliata della situazione nei singoli territori provinciali è possibile attraverso la comparazione fra le medie di iscritti per istituto superiore: soltanto il tarantino e l’Area Metropolitana di Bari, al momento, supererebbero la fatidica soglia di 961 dalla quale risultano piuttosto lontane tutte le altre province, anche al netto della deroga riservata ai comuni montani del Subappenino dauno, considerati a parte per evidenti ragioni logistiche. La criticità maggiore si riscontra, però, nelle istituzioni del primo ciclo: il rischio concreto, come ha sottolineato la Cgil, è che la scure si abbatta proprio su quello specifico comparto. La Regione ha garantito una sorta di immunità per i comuni in cui è presente una sola scuola ma per quelli più estesi il rischio di fusioni forzate è dietro l’angolo. Se si guarda agli otto comuni capoluogo di provincia, per esempio, solamente Taranto e Barletta oltrepassano il limite indicato dal ministero dell’istruzione. Una soluzione drastica, secondo quanto ipotizzato dall’organizzazione sindacale, porterebbe al sacrificio di 20 istituti nel barese, 10 a testa nel leccese e nel tarantino, 8 nel foggiano, 6 ciascuno nella Bat e nel brindisino.
La Cgil contesta apertamente la natura stessa del provvedimento in quanto non produrrebbe risparmi significativi per la spesa pubblica a fronte delle complicazioni che ne scaturirebbero, senza tenere conto dell’incremento dei carichi di lavoro e responsabilità per i dirigenti scolastici. L’iter del piano deliberato dalla Regione è complesso e prevederà diversi passaggi intermedi fino all’adozione dei nuovi criteri, prevista entro il 30 novembre.