Cronaca

25 anni fa la vergogna dell’omicidio Graziella Mansi. Ma la verità processuale è ancora contestata

Avrebbe avuto 33 anni oggi Graziella Mansi, la piccola andriese violata e uccisa all’ombra di Castel del Monte il 19 agosto del 2000. Aveva solo otto anni Graziella nel giorno in cui un branco di balordi la attirò in una trappola e nel bosco all’ombra del castello voluto da Federico II di svevia perpetrò la più infame delle violenze, soffocò l’esistenza di una bambina dagli occhi grandi e teneri e poi tentò di cancellare le tracce dell’orrore con il fuoco. Ma le fiamme si sedarono e il corpicino di Graziella rimase lì a farsi ritrovare dopo ore frenetiche di ricerca delle forze di polizia, dei militari, di tanti volontari e delle troupe televisive, tra cui la nostra, che ne insegurono le tracce nella speranza di raccontare solo un grande spavento. “L’hanno uccisa per gioco” dissero gli investigatori dopo aver individuato il branco, aver interrogato ciascuno separatamente e dalle prime confessioni aver ricostruito gli agghiaccianti momenti di una imperdonabile follia. Michele Zagaria, Domenico Margiotta, Giuseppe Di Bari, Pasquale Tortora, Vincenzo Coratella, tutti tra i 18 e i 20 anni hanno fatto parte del branco che l’ha adescata, violentata, uccisa e che ha tentato di sopprimerne il cadavere. Questa la verità processuale su cui però si addensano le nubi del dubbio: quelli posti per primo da uno degli accusati. Vincenzo Coratella si era proclamato sempre innocente e non resse la condanna togliendosi la vita nel carcere di Lecce nel 2008. L’avvocato Carmine Di Paola che curò la difesa di Giuseppe Dibari e Vincenzo Coratella resta convinto che la verità processuale non corrisponda alla realtà dei fatti e che di quell’omicidio di 25 anni fa sia responsabile una sola persona.

Poco più di un mese fa Michele Zagaria ha presentato istanza di revisione del processo sulla base di tre nuovi elementi: l’ex ragazzino, ormai uomo, potrebbe dimostrare attraverso dei filmati di non essere stato nei luoghi del delitto, sostiene che la confessione gli fu estorta perchè tutti avevano subito le pressioni degli inquirenti basate sulle menzogne di Tortora..

Dopo un quarto di secolo, resta l’onta di quei fatti sulla comunità andriese che non può dimenticare: quel fuoco continua a bruciare i giorni sottratti alla vita di Graziella Mansi.

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