Nove anni fa uccise la figlia, che aveva appena tre mesi di vita, soffocandola in ospedale. Adesso è diventata definitiva la condanna a 29 anni di reclusione nei confronti di Giuseppe Difonzo, 36 anni, accusato dell’omicidio della piccola Emanuela, morta al “Giovanni XXIII” di Bari nella notte tra il 12 ed il 13 febbraio 2016. Così ha stabilito la Cassazione (prima sezione penale), confermando la sentenza di appello bis, emessa nell’aprile scorso dalla Corte d’Assise d’Appello di Bari.
L’uomo era stato condannato in primo grado a 16 anni di carcere con l’accusa di omicidio preterintenzionale, ipotesi riqualificata nel settembre 2020 dai giudici d’appello in omicidio volontario premeditato, con la condanna all’ergastolo. Tre anni fa, nel marzo 2022, la sentenza venne però annullata dalla Cassazione e l’imputato venne scarcerato.
In seguito, nel secondo processo di appello, i giudici avevano riconosciuto le attenuanti generiche a Difonzo, che aveva così evitato il carcere a vita.
In base a quanto ricostruito nel corso delle indagini, condotte dai carabinieri, e coordinate dall’allora Pubblico Ministero della Procura di Bari, Simona Filoni, l’uomo avrebbe soffocato la figlia durante un ricovero nell’ospedale pediatrico.
Nei tre mesi successivi alla nascita, la piccola era stata ricoverata per un totale di 67 giorni, a causa di gravi crisi respiratori provocate, secondo l’accusa, sempre dal padre.
Il 36enne ha scontato circa quattro anni di custodia cautelare in carcere, di cui tre già assorbiti da una precedente condanna definitiva, per il reato di violenza sessuale ai danni di una ragazzina di 14 anni, figlia di alcuni amici di famiglia.
Con la conferma della sentenza di appello bis da parte della Cassazione, l’uomo dovrebbe tornare subito in cella.