C’è anche la moglie del Prefetto Michele Di Bari tra i 16 indagati nell’ambito di una inchiesta anti caporalato, condotta dalla Procura di Foggia. Il blitz dei Carabinieri, messo a segno questa mattina, ha portato all’arresto di 5 persone (2 in carcere e 3 ai domiciliari), mentre per gli altri 11 indagati, tra i quali la coniuge di Di Bari, è stato disposto l’obbligo di firma.
L’operazione è scattata a seguito di una indagine portata avanti dai militari tra i mesi di luglio ed ottobre 2020. Il proseguo dell’inchiesta denominata “Principi e Caporali” che, nell’aprile scorso, si era conclusa con l’arresto di 10 persone, e con il controllo giudiziario di una decina di aziende agricole, con un fatturato di oltre 5 milioni di euro l’anno.
Dall’attività investigativa è emerso come alcuni imprenditori si sarebbero rivolti ad un cittadino straniero, il caporale, per reclutare manodopera da impiegare nelle campagne della provincia di Foggia.
I braccianti erano costretti a lavorare anche per 13 ore al giorno, guadagnando 5 euro per ogni cassa di pomodori riempita. Parte dei soldi doveva essere anche versata ad un 33enne gambiano per il trasporto e l’attività di intermediazione. Questi annotava su di un quaderno i nomi di tutti i lavoratori e le quantità di prodotto raccolto da ciascuno di loro.
A fine giornata, era sempre lui che li riaccompagnava al ghetto di Borgo Mezzanone, dove i lavoratori alloggiavano in baracche fatiscenti, tra sporcizia e illegalità.
Complice del 33enne era un cittadino senegalese di 32 anni: i due facevano da anello di congiunzione tra i braccianti e le imprese agricole del territorio.
Le accuse per gli indagati sono, a vario titolo, di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Di Bari, direttore del Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, a seguito dell’inchiesta, ha lasciato l’incarico al Viminale. Dimissioni accettate dal ministro Luciana Lamorgese.