Cronaca

Droga, armi ed estorsioni in un clima di assoluta omertà al quartiere San Paolo: 12 affiliati al clan Strisciuglio arrestati dai Carabinieri

Svolgevano veri e propri summit di mafia sotto i portici delle case popolari del quartiere San Paolo anche durante il lockdown per il Covid, assumendo decisioni per compiere atti intimidatori, pestaggi e sparatorie. Il tutto avvalendosi di uno schema organizzativo di tipo piramidale ben definito e condiviso, che contemplava anche una riunione abituale al sabato in cui venivano ripartiti i proventi derivanti dagli affari illeciti.

Sono alcuni dei dettagli emersi a seguito del blitz effettuato stamani dai Carabinieri nel capoluogo, a Triggiano e presso le carceri di Lecce, Trani, Larino, Napoli, Lanciano, San Gimignano e Viterbo. Dodici i soggetti appartenenti al clan Strisciuglio destinatari di altrettante ordinanze cautelari in carcere, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Bari su richiesta della locale D.D.A.: sono tutti accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione e tentata estorsione aggravate, porto e detenzione di armi da sparo clandestine e da guerra, ricettazione, lesioni personali aggravate, accensioni ed esplosioni pericolose.

L’indagine, denominata “Lockdown” e condotta dal Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Bari San Paolo dal settembre 2019 al maggio 2023, rappresenta un ulteriore approfondimento dell’inchiesta “Vortice-Maestrale” e illustra le attività del clan Strisciuglio nel quartiere San Paolo.  Secondo l’accusa, il clan gestiva un imponente traffico di sostanze stupefacenti, servendosi di luoghi di stoccaggio abilmente nascosti e talvolta riconducibili a insospettabili, definiti “cupe”, in cui sono stati rinvenuti ingenti quantitativi di droga, armi, munizioni e denaro contante; su alcune banconote sequestrate erano anche riportati a penna i nomi degli affiliati, ai quali le stesse dovevano essere consegnate come sostentamento in carcere, da dove i vertici dell’organizzazione riuscivano comunque ad impartire ordini all’esterno tramite familiari e cellulari illegali.

I proventi delle attività illecite, che confluivano in una cassa comune, erano quindi utilizzati per l’acquisto di partite di droga da immettere nelle piazze di spaccio, per l’assistenza legale degli affiliati tratti in arresto e per le necessità dei detenuti e dei loro familiari, anche per farli desistere da eventuali propositi di collaborare con la giustizia o di transitare in clan rivali. Diverse le estorsioni imposte ai cantieri, in un clima di profonda omertà interrotto solo da rarissime denunce, come quella di un imprenditore, fondamentale per le indagini tanto quanto le intercettazioni telefoniche ed ambientali.

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