Ha ammesso di aver avuto una colluttazione con la vittima, sostenendo però che i colpi di pistola sono partiti accidentalmente mentre impugnava l’arma. È questa la tesi difensiva di Salvatore Vassalli, l’operaio 59enne di Canosa accusato dell’omicidio del fisioterapista barese Mauro Di Giacomo, 63 anni, ucciso sotto casa il 18 dicembre 2023 nel quartiere Poggiofranco di Bari.
L’uomo è stato arrestato dagli agenti della Squadra Mobile, giovedì scorso, dopo cinque mesi d’indagini, e ieri è stato sottoposto ad interrogatorio di garanzia davanti al Gip del Tribunale di Bari. Assistito dai suoi legali, Vassalli non ha rilasciato una confessione ma ha fornito una sua versione dei fatti, ammettendo di aver avuto uno scontro fisico con il fisioterapista ma non di aver sparato volontariamente.
Una ricostruzione che, tuttavia, contrasterebbe con quanto emerso dalle indagini, coordinate dal pubblico ministero Matteo Soave, e dalla perizia medico-legale. Gli accertamenti avrebbero infatti rivelato che i colpi di pistola sono stati esplosi con precisione e sono andati a segno.
In base alla ricostruzione fatta dagli inquirenti, la vittima era appena scesa dall’auto e si stava dirigendo presso la propria abitazione, in via Tauro, con le buste della spesa in mano. A questo punto Di Giacomo si sarebbe trovato di fronte il suo assassino che, dopo una breve discussione, gli ha sparato, per poi infierire su di lui colpendolo alla testa con il calcio della pistola.
Un delitto consumato con estrema freddezza e che – secondo l’accusa – sarebbe maturato dai propositi di vendetta dell’operaio canosino. L’uomo era infatti convinto che, nel 2019, il fisioterapista avesse provocato una disabilità ad un braccio della figlia, a causa di una manovra fisioterapica sbagliata. Proprio per questo motivo, nel 2020, Vassalli aveva anche intentato una causa per danni ma, a quanto pare, aveva scarsa fiducia di poter ottenere un risarcimento. Da qui l’idea di farsi giustizia da solo.
L’uomo adesso si trova in carcere con l’accusa di omicidio aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà. I suoi avvocati, Michele D’Ambra e Carmine Sarcinelli, non hanno chiesto al giudice l’attenuazione della misura restrittiva.