Emergono ulteriori spunti dalle pagine dell’ordinanza con cui la Gip del Tribunale di Trani, Marina Chiddo, ha stabilito venerdì scorso gli arresti domiciliari a carico del primo cittadino di Molfetta, Tommaso Minervini. La misura cautelare scaturisce dall’inchiesta della Guardia di Finanza su tre appalti pubblici, ovvero la realizzazione dell’area mercatale, il nuovo porto commerciale e lo sportello per l’occupazione “Porta Futuro”. Secondo gli inquirenti, «la scioltezza con cui Minervini ha realizzato le condotte delittuose è sintomatica di un totale asservimento all’imprenditoria privata, in cambio di utili non di natura economica, ma di tipo non solo elettorale, ma anche di gloria e onori personali», come è riportato nel provvedimento.
Intanto l’arresto di Minervini, sempre in attesa dell’esito dell’istanza di Riesame, avanzata dai suoi legali Tommaso Poli e Mario Malcangi, ha generato ulteriori incertezze nella vita politica cittadina. E’ bene chiarire che, pur essendo sottoposto ad una misura cautelare, il sindaco non decade in automatico dal suo incarico, ma è impedito nello svolgimento delle sue funzioni quotidiane, non potendo partecipare di persona a giunte, consigli comunali, incontri pubblici né può firmare atti ufficiali.
In questi casi la Legge Severino stabilisce che un sindaco può essere sospeso per un periodo fino a 18 mesi in presenza di misure cautelari personali o gravi accuse penali. Durante tale lasso di tempo, le sue funzioni sono quindi affidate al vicesindaco Nicola Piergiovanni. Nei casi più complessi, il Prefetto può anche nominare un commissario straordinario per la gestione dell’ente. Intanto le forze di opposizione continuano a chiedere le dimissioni dell’intera giunta, mentre l’amministrazione ha ribadito a più riprese nei giorni scorsi la volontà di proseguire il mandato fino alla scadenza, prevista fra tre anni.



