Nuovi inquietanti elementi emergono sul caso di Sabino D’Ambra, il 34enne canosino svanito nel nulla, il 14 gennaio 2010, e presumibilmente vittima di omicidio. A fornirli, il collaboratore di giustizia Andrea Campanella, nel corso dell’ultima udienza celebrata davanti alla Corte d’Assise di Trani, nell’ambito del processo sulle “lupare bianche” di Canosa di Puglia.
L’uomo, pur specificando di non essere stato testimone oculare del delitto, ha riferito in aula il luogo esatto dove si troverebbero parte delle ossa del cadavere, sotterrate presso la masseria del nonno Cosimo Campanella, tra gli imputati a processo.
Secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti, il 34enne venne ucciso a colpi di pistola dai componenti di un gruppo criminale, come punizione per aver collaborato con la Polizia, fornendo informazioni utili all’arresto di un pusher della banda. Il cadavere sarebbe stato poi bruciato ma – se fosse confermata la ricostruzione del collaboratore di giustizia – parte delle ossa della vittima potrebbero non essersi completamente carbonizzate, motivo per il quale ci sarebbe stata comunque l’esigenza di sotterrarle.
Anche per questo omicidio, nel novembre 2021, otto persone vennero arrestate, tra presunti esecutori e mandanti di ameno quattro delitti di “lupara bianca” avvenuti tra il 2003 ed il 2015 a Canosa di Puglia e Minervino Murge. L’ultimo atto di una lunga indagine, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, che ha fatto luce su una pericolosa organizzazione malavitosa che, con la forza delle armi, gestiva estorsioni e altri traffici illeciti, e che eliminava chi si macchiava di tradimento nei confronti della banda.