Associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di droga, nonché́ produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti, trasferimento fraudolento di valori e tentato omicidio di tre soggetti, tutti delitti aggravati dall’agevolazione mafiosa. Sono questi alcuni dei reati di cui dovranno rispondere, a vario titolo, le 22 persone arrestate, alcune delle quali già detenute per altre cause, dal nucleo Gico della guardia di finanza di Bari e ritenute vertici e membri del clan Misceo di Noicattaro. In totale sono 69 gli indagati, per 12 dei quali è stato disposto l’interrogatorio preventivo e 67 i capi d’imputazione contestati: un’associazione mafiosa (a carico di 18 indagati), due associazioni finalizzate al traffico di stupefacenti (una con 31 e l’altra con 14 indagati), due tentati omicidi – uno dei quali duplice – (a carico di 13 persone), 48 episodi di spaccio (42 indagati), due reati in materia di armi (8 indagati), nove accessi indebiti a dispositivi di comunicazione in carcere (11 indagati), due trasferimenti fraudolenti di valori (4 indagati) e un episodio di resistenza a pubblico ufficiale. Tra le accuse più gravi, anche il tentato duplice omicidio del 3 marzo 2021 in piazza Umberto I a Noicattaro, in cui rimasero feriti Luca Belfiore e Luciano Saponaro, ritenuti vicini al clan Misceo, frutto di uno scontro armato con il clan rivale “Annoscia” per il controllo di un alloggio popolare e delle piazze di spaccio. I carabinieri di Triggiano, intervenuti sul posto, hanno acquisito video e testimonianze che hanno permesso di raccogliere elementi decisivi su mandanti ed esecutori materiali. Per placare le tensioni, sarebbe poi intervenuto il clan Parisi-Palermiti: sarebbe stato Giovanni Palermiti, figlio del boss Eugenio del quartiere Japigia di Bari, a imporre una “pax mafiosa” per non compromettere i traffici di droga con l’area di Japigia. Il gruppo avrebbe gestito lo spaccio di stupefacenti attraverso “punti vendita” attivi h24, ricorrendo alle abitazioni del centro storico di Noicattaro per il deposito della merce e al classico sistema dei “cestini calati” per lo scambio droga-denaro. Le indagini, coordinate dalla Dda e svolte dal Gico del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Bari, hanno svelato l’operatività del clan “Misceo”, già riconosciuto sul piano giudiziario con le sentenze definitive delle operazioni “Ampio Spettro” e con una sentenza del gup nel settembre 2023. La base operativa era a Noicattaro, ma le attività si estendevano anche a Gioia del Colle, Triggiano, Capurso, Bari e Fasano, con la direzione del sodalizio che sarebbe stata affidata direttamente dal carcere di Napoli-Secondigliano. Secondo l’accusa, il boss Giuseppe Misceo avrebbe continuato a dirigere l’associazione dall’interno del carcere in Campania, grazie all’uso illecito di telefoni cellulari, mantenendo la “cassa comune”, garantendo l’assistenza economica ai detenuti affiliati, gestendo il traffico di droga e coordinando l’organizzazione. Il clan disponeva di una struttura capillare e organizzata, con armi, mezzi, risorse finanziarie e una contabilità interna. L’attività investigativa ha portato al sequestro di circa 5 kg di cocaina, 16 kg di hashish, 21 kg di marijuana, una pistola con caricatore e 22 proiettili, oltre all’arresto in flagranza di 7 corrieri e all’individuazione di cinque depositi (“cupe”) utilizzati come magazzini di droga. Le indagini hanno anche raccolto gravi indizi sul tentato omicidio, avvenuto nel 2012 a Noicattaro, di un appartenente al clan “Di Cosola”, legato alle contese per il controllo dello spaccio. Arrestato anche un cosiddetto ‘favellante’, Alessandro Rubino, uomo del clan Misceo che celebrava i riti di affiliazione.
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