L’ accusa, relativa al falso di atto pubblico, nei confronti di Grazia Romito, una degli indagati del processo “Giù le Mani”, si sgretola. E questo per l’inutilizzabilità delle intercettazioni. Si ridimensiona, dunque, il capo di imputazione nei confronti dell’indagata: tutto ruotava attorno ad un’autorizzazione per lo svolgimento di un funerale senza i requisiti previsti dalla legge. Grazia Romito, è un’impresaria funebre ed è parte integrante dell’inchiesta della Procura che il 9 marzo scorso portò all’esecuzione di 7 misure cautelari ed in cui è indagato anche l’ex sindaco di Manfredonia, Gianni Rotice, in considerazione del fatto che le indagini interessarono anche l’amministrazione comunale di Manfredonia. L’inutilizzabilità delle intercettazioni, per un solo capo di accusa, è la novità più rilevante dell’udienza preliminare, nel frattempo aggiornata al prossimo 16 dicembre. Alleggerita anche la posizione di un altro indagato, Luigi Rotolo. L’ inchiesta si è sviluppata in cinque filoni e conta ben 14 capi di imputazione che vanno dalla corruzione elettorale a violenza privata e lesioni, passando per concussione e peculato. Proprio il filone relativo alla corruzione elettorale vede tra gli indagati l’ex sindaco Rotice con il fratello Michele, accusati di un presunto voto di scambio legato alla vicenda di un ristorante. Per quelle che sono le ipotesi di reato l’ex primo cittadino di Manfredonia avrebbe promesso a Michele Romito, in cambio di sostegno elettorale, una sorta di occhio di riguardo relativamente alla questione di un ristorante in località Acqua di Cristo finito nel mirino della Prefettura di Foggia per un’interdittiva antimafia che ha portato successivamente all’abbattimento della struttura, appartenente ad una società a cui capo vi era il figlio Francesco Romito, nipote di Mario Luciano Romito, ucciso a San Marco in Lamis nella strage del 9 agosto 2017.
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