«Non esiste una vaga evidenza del nesso causale fra le azioni contestate agli imputati e il decesso di due passeggeri». Lo ha detto l’avvocato Cesare Fumagalli, difensore dei marittimi Francesco Romano, Angelo De Candia, Francesco Nardulli e Antonio Gadaleta, nel corso del processo dinanzi al Tribunale di Bari per il naufragio della Norman Atlantic, avvenuto a largo delle coste albanesi nella notte tra il 27 ed il 28 dicembre 2014 e che causò la morte di 31 persone e il ferimento di 64 passeggeri.
Citando la deposizione di un testimone greco resa il 29 dicembre 2014, il legale ha ricostruito la «situazione drammatica, da stadio, con spinte e percosse» e la «corsa incontrollata per accedere alla lancia».
«Alcuni passeggeri hanno cominciato ad armeggiare intorno ai mezzi di soccorso e sono stati fermati da alcuni marinai – ha proseguito Fumagalli -. La scialuppa non era ancora in posizione e i passeggeri premevano per salire, in una situazione di grande pericolo. Quattro marinai urlavano alla gente di aspettare, ma il panico era fuori controllo».
Citando una seconda deposizione, registrata lo stesso giorno, il legale ha ricordato che «i passeggeri non rispettavano gli ordini e si sono lanciati verso la scialuppa». Ricostruendo il racconto di un terzo teste, Fumagalli ha evidenziato che «il personale cercava di spiegare ai passeggeri come comportarsi, mentre cominciavano le operazioni di salvataggio».
La prossima udienza è fissata il 18 gennaio.