Cronaca

Soldi in cambio di appalti, perquisito addetto stampa della Regione: informò l’ex dirigente Lerario delle microspie in ufficio

Emergono nuovi elementi dall’inchiesta della Procura di Bari che vede coinvolto l’ex capo della Protezione Civile della Regione Puglia, Mario Lerario, in carcere dal 23 dicembre scorso con l’accusa di corruzione.

La Guardia di Finanza, su ordine della magistratura barese, ha eseguito una perquisizione nei confronti di un giornalista redattore del servizio stampa della Giunta regionale, Nicola Lorusso, indagato per concorso in rivelazione e utilizzo di segreto d’ufficio e favoreggiamento personale.

“Il provvedimento – ha chiarito la Procura di Bari – è finalizzato ad acquisire gli elementi probatori utili all’identificazione di un pubblico ufficiale, che avrebbe rivelato al redattore l’esistenza di microspie negli uffici della Regione, in uso a Mario Lerario”.

Il giornalista sarebbe stato informato dal un pubblico ufficiale delle cimici ambientali installate in tre stanze degli uffici regionali e, come emerso da una intercettazione ambientale, lo avrebbe comunicato all’ex capo della Protezione Civile pugliese.

Le Fiamme Gialle hanno perquisito, questa mattina, l’abitazione, l’auto e l’ufficio alla Regione dove lavora il redattore, sequestrando supporti informatici, computer e telefoni cellulari.

Lerario venne arrestato con l’accusa di aver intascato tangenti da due imprenditori: Donato Mottola, di Noci, e Ciro Giovanni Leccese, di Foggia, quest’ultimo immortalato da una microcamera nascosta, mentre lascia nell’auto dell’ex 0dirigente regionale una busta contenente 10mila euro in contanti.

I due imprenditori, finiti agli arresti domiciliari, erano assegnatari di appalti con la Protezione Civile per circa 5 milioni di euro, relativi alla realizzazione di container nel Cara di Borgo Mezzanone, agli uffici del numero unico 112 nell’aeroporto di Foggia e all’installazione di strutture prefabbricate per il pre-triage a supporto degli ospedali, durante la pandemia.

Interrogati dagli inquirenti, alcuni giorni fa, i due indagati hanno confermato di aver consegnato soldi a Lerario, ma non come tangenti legate agli appalti, bensì per un “regalo natalizio” e per un “debito di riconoscenza” nei confronti dell’ex dirigente regionale.

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