Condanna a 9 anni e 8 mesi di reclusione sia per l’ex gip del Tribunale di Bari Giuseppe De Benedictis che per l’avvocato Giancarlo Chiariello, per quattro dei cinque episodi di corruzione presentati a loro carico. Lo ha deciso il gup di Lecce, Laura Liguori, al termine del processo con rito abbreviato sulle tangenti in cambio di scarcerazioni. 4 anni di carcere per l’avvocato Alberto Chiariello, figlio di Giancarlo, e 3 anni e 8 mesi per il pregiudicato foggiano Pietro Danilo Della Malva. Riconosciuta anche l’aggravante mafiosa perché secondo l’accusa la corruzioni in atti giudiziari hanno favorito i clan. Di contro, De Benedictis e Giancarlo Chiariello, tutt’ora ai domiciliari, sono stati assolti dalle accuse di corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio in relazione a una quinta accusa, “perché il fatto non sussiste”. Assolti l’avvocato Marianna Casadibari, il carabiniere Nicola Vito Soriano, Roberto Dello Russo, Antonio Ippedico e l’altro avvocato Pio Michele Gianquitto. Solo per quest’ultimo la Procura di Lecce aveva chiesto l’assoluzione. Tutti erano accusati, a vario titolo, di aver preso parte alle attività corruttive. Per i quattro condannati il gup ha stabilito l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e, per De Benedictis e Giancarlo Chiariello, anche quella legale per 5 anni. Per l’ex gip del Tribunale di Bari è stata disposta la confisca di 30mila euro, 1,3 milioni di euro a Giancarlo Chiariello, ovvero i soldi trovati durante le perquisizioni in casa. «Una sentenza dura», hanno dichiarato gli avvocati difensori dell’ex gip De Benedictis. «La rispettiamo ma non la condividiamo. Presenteremo appello».
Intanto De Benedictis sarà processato con rito abbreviato a partire dal 28 giugno, accusato in concorso con il caporal maggiore capo scelto dell’Esercito italiano Antonio Serafino e l’imprenditore agricolo Antonio Tannoia, di detenzione di armi ed esplosivi, anche da guerra, del relativo munizionamento e di ricettazione. I ritrovamenti degli arsenali avvennero in una villa nelle campagne di Andria, proprietà di Tannoia, a Bisceglie (nella casa del suocero di De Benedictis), e in un box del capo scelto dell’esercito a Ruvo di Puglia. Armi, secondo le indagini, nella disponibilità dell’ex gip barese.