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PUGLIA | La liquidazione ai consiglieri regionali non sarà cancellata ma modificata: aumenta quota contributiva, stop alla retroattività

Il regalo che i consiglieri regionali pugliesi si sono fatti alla fine di luglio sarà rivisto ma non cancellato. Il trattamento di fine mandato non sarà eliminato ma modificato, uniformandolo alla delibera che la conferenza Stato-Regioni aveva approvato nel 2012 quando si decise di avviare un percorso virtuoso per abbassare i costi della politica. La Puglia aveva fatto meglio all’epoca sotto la presidenza di Nichi Vendola anche sull’onda di quel sentimento anticasta decisivo propulsore del successo dei 5 stelle che sarebbero entrati in parlamento nel 2013 e nel consiglio regionale pugliese nel 2015. Ma c’è proprio la firma della capogruppo dei 5 stelle Grazia Di Bari, insieme a quelle di tutti gli altri capigruppo da sinistra a destra, sia sul documento che il 27 luglio con un blitz ha riesumato la liquidazione ai consiglieri regionali, sia sulla decisione arrivata ieri di riformarlo senza cancellarlo. Decisione contraria alle indicazioni date dal presidente Michele Emiliano che si era detto amareggiato per l’approvazione di cui i consiglieri regionali lo avrebbero tenuto all’oscuro e aveva auspicato una retromarcia. Il consigliere regionale Tutolo aveva annunciato di volervi rinunciare, la ex leader dei 5 stelle pugliesi Antonella Laricchia ha invece proposto l’abrogazione. La riunione dei capigruppo ha deciso diversamente: il trattamento di fine mandato sarà solo modificato, non cancellato. Anzitutto non sarà più reatroattivo, fatto che rappresentava l’aspetto più scandaloso della vicenda: il privilegio veniva reintrodotto a far data dal primo gennaio 2013, recuperando gli anni persi. Sarà limitato a 10 anni: un consigliere che, per esempio, dovesse restare in carica per un ventennio avrebbe diritto al tfm calcolato su 10 anni. Aumenta la quota di contribuzione da parte dei consiglieri: nella versione approvata nell’ultima seduta prima delle vacanze estive, era dell’1% (circa 70 euro), adesso sale al 2,5%, meno di 200 euro l’anno.

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