Poco più di sei mesi per passare da queste dichiarazioni
A queste.
Nella metamorfosi del Bari c’è anche quella del suo direttore sportivo, Ciro Polito. Diventato in meno di due anni un simbolo della rinascita. L’uomo capace di rilevare la squadra dalle ceneri del fallimento sportivo griffato Auteri-Romairone, di gran lunga la peggior gestione tecnica dell’era De Laurentiis in biancorosso, e trasformare quella rosa infarcita di giocatori inadatti a campionati di vertice nonostante ricchi contratti in un gruppo capace di sfiorare la doppia scalata di categoria in meno di 24 mesi partendo dalla Serie C e arrivando fino alla finale playoff per la Serie A. A inizio giugno del 2023 il gradimento di Bari per Polito era alle stelle, praticamente un plebiscito. E quella conferenza stampa del 17 maggio 2023, prima che i playoff per la A avessero inizio, era perfetta sintesi delle ragioni per le quali Polito aveva fatto innamorare Bari: un dirigente appassionato e a tratti pasionario, competente, capace di individuare talenti nelle categorie inferiori (vedi Caprile, per citarne uno) e incarnare più ruoli in uno con una società geograficamente distante dal capoluogo pugliese con la sua sede fisica. Polito aveva saputo mettere tanta polvere sotto il tappeto al suo arrivo, trasformando insieme a staff, squadra e dirigenza un gruppo che aveva rischiato di ridurre ai minimi storici il rapporto di amore tra piazza e calcio giocato in 60mila presenti sugli spalti per la finale playoff con il Cagliari. Sei mesi dopo quella partita, è cambiato il mondo. Del Bari, che galleggia poco al di sopra della zona playout e ha salutato Michele Mignani per sostituirlo con Pasquale Marino ma senza trarre al momento benefici, e di Polito. Non più eroe di una città ma presente sul banco degli imputati per aver allestito una rosa che non regge il paragone con la scorsa annata e ricca di giocatori, per dirla con il ds, che non hanno fame. A tratti svuotati, di certo al momento incapaci di reagire da gruppo alle difficoltà. Le ombre riguardano tutti, anche lo stesso ds. E l’ammissione di responsabilità post Lecco, seppur tardiva, sa di presa di coscienza rispetto al pensiero di tre mesi prima, quando lo stesso Polito parlava di “squadra sulla carta più forte della scorsa stagione”. Che quella non sia la verità del campo ora l’ha riconosciuto anche lui. Che ora avrà tanto lavoro da fare per recuperare credito in una piazza che l’aveva eletto a punto di riferimento.