Ha studiato per fare il direttore sportivo ma Valerio Di Cesare è abituato a spingere il tempo e la notte più in là. Il suo ultimo mese in campo con il Bari lo ha dimostrato. Tre gol, tutti bellissimi e fondamentali, contro Parma, Brescia e Ternana e un’enorme fetta di salvezza che porta la sua firma impressa in calce. Ha versato lacrime nelle ultime settimane per la causa biancorossa e non ha ancora sciolto i dubbi sul futuro. Di certo c’è un altro anno di accordo con il club. In campo o alla scrivania? Suo figlio Andrea, assicura, non smette di fargli questa domanda. Nei fatti Di Cesare è arrivato a un’età alla quale è doveroso fare un esame di coscienza. Dentro di sé, però, si sente ancora un calciatore.
In fila nella sua vita in biancorosso ci sono 235 partite e otto stagioni, in ogni salsa. In chiaroscuro le prime due in B, in ascesa quelle affrontate dal 2018 – annata del ritorno a Bari ripartendo dalla Serie D – ad oggi. Come il buon vino, invecchiando Di Cesare è migliorato. Leader e capitano in campo, ancora di riferimento per la piazza in quella che è stata un’annata maledetta.
A Bari ha comprato casa e dopo aver staccato il telefono nel weekend l’ultima settimana di maggio per Di Cesare è quella delle riflessioni in corso. Le difficoltà della stagione del Bari non gli hanno permesso di ragionare sul futuro personale
I giorni di riflessione di Valerio Di Cesare vanno di pari passo con quelli della società sulla posizione del direttore sportivo. Ciro Polito ha ancora un anno di contratto ma la sua posizione è in corso di valutazione. Eventuali alternative corrispondono ai profili di Guido Angelozzi, già in biancorosso in passato, Mauro Meluso, oggi a Napoli, e Paolo Bravo, fautore del miracolo Sudtirol. Prima di una settimana, però, sarà complicato saperne di più.