Sconfitto, umiliato, fischiato e contestato. Il Bari è tornato da Cosenza con un piede in Serie C e con la consapevolezza di essere vittima dei suoi palesi quanto conclamati limiti: tattici, tecnici e mentali. Chi si aspettava una squadra in grado di aggredire la partita è stato smentito dai primi 15 minuti: quelli sufficienti agli avversari per andare in gol due volte sfruttando le praterie lasciate dallo scriteriato 4-2-3-1 a trazione anteriore scelto per l’occasione da Giampaolo e soci e sfiorare almeno in un altro paio di occasioni il bersaglio grosso, rappresentato dalla porta di Pissardo. Ancora una volta è stato un Bari di reazione, capace di accendere la luce solo dopo aver incassato il colpo, e costretto a inseguire: il gol di Nasti e il legno colpito dallo stesso numero 9 sono stati i segnali di vita prima della resa, coincisa nell’ordine con la punizione del 3-1 di Calò, l’espulsione di Bellomo e il poker segnato da Forte. A fine partita fischi e sdegno da parte dei quasi 2000 tifosi biancorossi arrivati in Calabria. Ben consapevoli del fatto che ora tra il Bari e la Serie C non c’è più nessun cuscinetto. Il ritiro tra Matera e Altamura, scelto dalla società per preparare al meglio la sfida alla corazzata Parma, sa di mossa della disperazione: mercoledì c’è il primo di tre appuntamenti che la squadra è costretta a non fallire. La matematica suggerisce la necessità di sette punti nelle prossime tre partite. Una missione quasi impossibile per chi ne ha totalizzati tre nelle ultime 10.
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