Continua “Alta Murgia Pulita” l’operazione contro l’abbandono dei rifiuti nel Parco. Ai cittadini scesi in campo con lo slogan “Raccogli rifiuti. Semina civiltà” e alla raccolta di 40mila kg di pneumatici fuori uso, è seguita oggi una terza fase dell’iniziativa, con la rimozione dei rottami di auto abbandonate dalla Grava di Faraualla, a Gravina in Puglia.
La straordinaria operazione ha visto insieme il Soccorso Alpino e Speleologico e l’11° Reggimento Genio Guastatori della Brigata “Pinerolo”, al lavoro da mesi nell’ambito di un’attività addestrativa per definire le procedure operative e le tecniche sperimentali di rimozione. Dall’importante inghiottitoio è stato recuperato un big bag contenente oltre 100 kg di rottami, un’operazione complessa data la profondità del sito e la sua conformazione, che non presenta un’unica verticale.
«Abbiamo ridato nuova vita a uno dei luoghi più affascinanti d’Italia – dichiara Francesco Tarantini, presidente PNAM – Con l’avvio della bonifica di Faraualla si chiude una speciale edizione di Alta Murgia Pulita che ha previsto tre fasi: dalla tradizionale raccolta di rifiuti al recupero straordinario di 40mila kg di PFU, fino all’operazione odierna di non poca complessità. Ringrazio l’Esercito e il Soccorso Alpino e Speleologico per l’importante contributo a tutela del patrimonio geologico del Parco. Alta Murgia Pulita riprenderà la sua opera di sensibilizzazione nei prossimi mesi, per rendere migliore l’ambiente che ci ospita».
La Grava di Faraualla è un abisso sull’Alta Murgia, uno dei più imponenti fenomeni ipogei presenti in Puglia. È un inghiottitoio profondo 260 metri e situato nel territorio di Gravina, ricco di depressioni in cui confluiscono le acque piovane raccolte dalle lame. Sviluppandosi in verticale, nella discesa si incontrano un primo e secondo pozzo rispettivamente di 149 e 53 metri, raggiungendo rapidamente i 200 metri di profondità. La prima esplorazione risale al 1956, ma è solo nel 2011 che si toccano i 260 metri con l’apertura di una nuova galleria che conduce al fondo attuale.
Molteplici le associazioni speleologiche che l’hanno esplorata negli anni, a partire nel 1956 dalla Commissione Grotte “E. Boegan” di Trieste e successivamente da numerosi speleologi pugliesi, come Luigi Penta, Cosmo Sbiroli e Simone Pinto, i primi a calarsi nella voragine diciotto anni dopo la prima esplorazione e rimasti giù per ben sedici ore sotto una pioggia incessante. Dense di fascino le leggende che la circondavano in passato: tra le tante, si narra di un bastone fatto cadere da un pastore e riemerso poi nel mare di Taranto, di cattivi presagi annunciati dai vapori emanati dalla bocca.