“Le armi ritrovate sono nella disponibilità di De Benedictis”. È quanto ha spontaneamente dichiarato il 56enne andriese Antonio Tannoia ai magistrati tranesi che hanno disposto il suo arresto per detenzione illegale di armi da guerra, quelle ritrovate venerdì dagli agenti della squadra mobile di Bari su mandato di perquisizione e sequestro della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce.
Assistito dal penalista Mario Malcangi, Tannoia ha dichiarato di attendere le domande dei giudici salentini ma per ora si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al gip di Trani Ivan Barlafante.
Tannoia è rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Trani in considerazione della flagranza di reato nella quale è stato colto: sono state proprio le dichiarazioni del giudice Giuseppe De Benedictis, molfettese, gip a Bari e arrestato per corruzione in una sporca vicenda che ha coinvolto anche l’avvocato penalista barese Giancarlo Chiariello, a condurre gli investigatori fino alla villa in contrada Borduito, confinante con il centro di riabilitazione Quarto di Palo in cui sono state ritrovate le armi. Molte delle quali sono di provenienza delittuosa, prive di matricola anche se a rendere sconvolgente la vicenda è stata la presenza in quell’arsenale di mine anticarro e bombe a mano. Trovate le armi di cui aveva parlato De Benedictis ai giudici leccesi (l’insana passione era arcinota considerato il suo arresto nel 2010 proprio per detenzione illegale di armi, accusa da cui è stato assolto in cassazione nel 2018) gli investigatori sono risaliti alla proprietà della villa con la conseguenza che per Tannoia si sono aperti i cancelli del carcere di Trani.
Il legame tra il giudice De Benedictis e Tannoia è ora oggetto di attenzione da parte degli inquirenti per capire come quell’arsenale sia finito nelle mani dell’imprenditore agricolo andriese.