Lavoreranno disarmati nei municipi di Bari, probabilmente impiegati in attività di piantonamento degli uffici comunali. È questo il provvedimento disposto dal Comune, valido a partire da oggi, lunedì 24 marzo, nei confronti di nove agenti della Polizia Locale, sanzionati per aver avuto rapporti di vicinanza con i clan del capoluogo.
Il trasferimento è una diretta conseguenza degli accertamenti fatti dalla Commissione d’accesso, inviata dal Viminale dopo l’inchiesta “Codice Interno” del febbraio 2024, sui presunti rapporti tra mafia, politica e imprenditoria barese, e chiamata a verificare l’esistenza di eventuali infiltrazioni mafiose nell’amministrazione comunale.
Al termine dei lavori della Commissione, durati circa sei mesi, il Prefetto Francesco Russo ha comunicato al sindaco Vito Leccese che non esistevano i presupposti per lo scioglimento del Comune, annunciando però alcune sanzioni nei confronti di singoli dipendenti comunali.
Tra questi, una vigilessa, sospesa per tre mesi dal servizio per non aver multato uno spacciatore minorenne, ritenuto vicino al clan Capriati. Gli altri sono appunto i nove agenti della Polizia Locale, ai quali è stato revocato il titolo di “pubblica sicurezza”, e quindi il porto d’armi, ed è stato disposto il trasferimento ad altre mansioni che non richiedono l’utilizzo della pistola d’ordinanza.
Nelle comunicazioni ai diretti interessati non si farebbe alcun riferimento all’inchiesta “Codice Interno” e ai risultati dell’ispezione della Commissione d’accesso, ma il trasferimento sarebbe giustificato ufficialmente da “ragioni di servizio”.
I vigili urbani destinatari del provvedimento risultano tutti incensurati ed i contatti con gli esponenti dei clan, in particolare Parisi e Palermiti, risalirebbero a diversi anni fa.