31 marzo 1995. Una mano armata, due colpi di revolver e la vita spezzata all’interno dell’atrio del palazzo dove abitava. Trent’anni dopo, l’omicidio di Francesco Marcone, il direttore dell’ufficio Registro di Foggia, non conosce ancora volti e nomi di esecutori ed eventuali mandanti. Due colpi, uno alla schiena e un altro alla nuca che provocano la sua morte, nel pieno centro di Foggia, in via Figliolia, dove abitava e dove Marcone stava facendo rientro dopo la solita intensa giornata di lavoro. Un’inchiesta archiviata e riaperta più volte. Nelle indagini i sospetti ricadono a lungo sui cosiddetti “colletti bianchi”. Prove insufficienti, fino alla definitiva archiviazione che arriva nel 2004. Quella morte non conosce colpevoli. Trent’anni dopo Foggia viene tappezzata di manifesti. L’iniziativa è dell’assessorato alla legalità del Comune di Foggia. Si tratta di una lettera all’assassino mai trovato, scritta dalla sorella della vittima, Maria Marcone. E’ un estratto del suo libro, “Storia di Franco”. “Se pure sarai riuscito a sfuggire alla giustizia umana, tremerai al momento della morte, quando dovrai fare i conti con Dio che ha creato anche te. Ah, se questa storia riuscisse a toccarti il cuore e ti spingesse a denunciare i tuoi mandanti”, si legge in un passo del manifesto.
Trent’anni dopo, indagini chiuse ma ferite ancora aperte per una città che non vuole perdere la memoria e, interrogandosi ancora sul perchè di quella morte, continua a ricercare una verità mai svelata.