Cinque condanne all’ergastolo sono state inflitte dalla Corte d’Assise di Trani a carico di cinque dei sei imputati a processo per quattro casi di “lupara bianca”, avvenuti a Canosa di Puglia tra il 2003 e il 2015. Omicidi consumati, in base a quanto emerso, nell’ambito di regolamenti di conti per il controllo del mercato della droga. La sentenza riguarda i presunti autori e i mandanti, arrestati nel novembre 2021.
Degli imputati, Sabino Carbone, di 42 anni, è stato condannato all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno per gli omicidi di Sabino D’Ambra, scomparso il 14 gennaio 2010, di Giuseppe Vassalli, scomparso il 18 agosto 2015, di Sabino Sasso e Alessandro Sorrenti, di cui si sono perse le tracce il primo dicembre 2003; Daniele Boccuto dovrà scontare il carcere a vita con isolamento diurno per 18 mesi per l’omicidio e la distruzione del cadavere di Vassalli, reati commessi con le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso; fine pena mai anche per Cosimo Damiano Campanella, di 84 anni, con isolamento diurno per un anno; ergastolo e isolamento diurno per due anni e due mesi per Cosimo Damiano Campanella, di 41 anni, nipote omonimo dell’84enne, ritenuto responsabile, in concorso, degli omicidi D’Ambra, Sasso e Sorrenti; carcere a vita, con isolamento diurno per 18 mesi, infine anche per Cosimo Zagaria, di 40 anni, per l’omicidio Vassalli.
Un sesto imputato, Pasquale Boccuto, è stato invece condannato a 10 anni e sei mesi di reclusione per estorsione, detenzione e porto di arma da guerra con le aggravanti dell’uso dell’arma, del metodo mafioso e della recidiva.
Secondo la tesi accusatoria sostenuta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, Giuseppe Vassalli sarebbe stato ucciso e fatto sparire per punire la sua “rapida ascesa” sul mercato canosino degli stupefacenti, oltre che per essersi rifiutato di sottostare al predominio di Sabino Carbone.
Anche Alessandro Sorrenti e Sabino Sasso, cognati tra loro, sarebbero stati “eliminati” perché pretendevano una fetta di mercato nella vendita di droga sulla piazza di Canosa. I loro cadaveri sarebbero stati dati alle fiamme e le ceneri disperse. D’Ambra, infine, sarebbe stato assassinato perché ritenuto un confidente della Polizia.