Cronaca

Droga, armi e telefonini nel carcere di Taranto, 9 arresti: agente penitenziario era il “cavallo di Troia”

Telefoni cellulari, dosi di droga e perfino armi. Entrava e usciva davvero di tutto dal carcere di Taranto grazie all’organizzazione di un gruppo di detenuti e la complicità di un agente penitenziario. È quanto hanno scoperto gli uomini della Squadra Mobile nel corso di un’inchiesta coordinata dalla Procura tarantina.

Nove le persone arrestate, sei in carcere e tre ai domiciliari, accusate a vario titolo di detenzione, introduzione e spaccio di sostanze stupefacenti, detenzione e porto illegali di armi, corruzione e ricettazione. Altre 15 persone risultano indagate in stato di libertà.

Le indagini sono partite nell’agosto 2020 quando, nell’ambito di un altro procedimento penale, gli inquirenti hanno scoperto che materiale illecito veniva introdotto facilmente all’interno dell’istituto di pena.

Almeno 5 le consegne di pacchi documentate nel corso dell’attività investigativa, operazioni rese possibili dalla rete di rapporti interpersonali di alcuni detenuti, che avevano messo su una vera e propria organizzazione, dove ognuno aveva compiti precisi.

Figura cardine era un agente di Polizia Penitenziaria che, approfittando del suo ruolo, fungeva da “cavallo di Troia”, consentendo la regolare consegna del materiale in cambio di somme di denaro, che variavano dai 400 ai 1.000 euro.

I pacchi contenevano droga, microtelefoni o schede Sim, tutto ben occultato all’interno di scatole di cioccolato in polvere, creme e pennarelli. Erano poi i detenuti ad occuparsi della consegna: una vera e propria attività vendita dietro le sbarre, con le famiglie degli acquirenti che pagavano attraverso ricariche PostePay.

Ad alcuni degli arrestati viene contestato anche il reato di detenzione illecita di armi per aver fatto entrare nella struttura carceraria pistole di diverso calibro.

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