Ottenevano certificati di invalidità permanente, in cambio di soldi o regali, senza essere mai stati sottoposti ad una visita medica. Così intascavano l’indennità dell’INPS, grazie ai favori ben pagati di medici e funzionari del patronato. È la truffa scoperta dagli uomini della Squadra Mobile e della Guardia di Finanza di Foggia, nell’ambito di un’indagine che si è conclusa con l’arresto di tre persone, attualmente ai domiciliari. Si tratta di un medico legale 60enne, componente di una commissione per il riconoscimento dell’invalidità nella sede dell’INPS, di un funzionario amministrativo di 44 anni, dello stesso ente, e di un dipendente del Caf, di 40 anni.
Sono accusati, a vario titolo, di corruzione, falso ideologico e materiale e truffa.
L’attività investigativa è partita nel 2019, a seguito del misterioso incendio dell’auto di una dottoressa che collaborava con l’ente previdenziale. La donna, in base a quanto accertato dagli investigatori, assieme al funzionario amministrativo e al dipendente del patronato, avrebbe infatti ricevuto denaro da persone indagate nell’ambito della stessa inchiesta, che avevano ottenuto, senza visita medica, il riconoscimento dell’invalidità.
Diversi gli episodi di corruzione accertati nel corso delle indagini, come quello di una donna, conoscente del dipendente del Caf, che grazie all’intercessione di quest’ultimo, era riuscita ad ottenere l’invalidità totale per il suocero, in cambio di 1.000 euro, pagati al medico, e di un telefono cellulare, regalato al funzionario amministrativo.
Un’altra donna, di professione avvocato, aveva invece promesso di corrispondere la somma di 3mila euro, anticipandone la metà, al medico dell’INPS e ai due intermediari, per far riconoscere l’invalidità permanente al proprio genitore.
Emblematico anche il caso di un imprenditore del settore balneare di Manfredonia, che aveva ottenuto dal medico il certificato di idoneità lavorativa per 7 dipendenti, senza che questi avessero mai effettuato una visita. Lo stesso professionista è inoltre accusato di aver attestato falsamente la propria presenza in ufficio, intascando compensi per attività lavorative che non aveva mai svolto.