Passa la tesi della difesa: poche prove e l’impossibilità di fondare «l’impianto accusatorio sulla mera “vox populi”». Archiviata, dunque, la posizione dei due indagati per quanto accaduto nella notte tra il 7 e l’8 luglio del 2022 sul lungomare Cristoforo Colombo di Trani, dove un 35enne andriese rimase gravemente ferito dopo esser misteriosamente precipitato da una scogliera. La decisione è arrivata qualche giorno fa da parte del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Trani Ivan Barlafante. Totale insufficienza di prove a carico dei due indagati, un uomo tranese ed una ragazza amica del giovane, entrambi denunciati dal 35enne rispettivamente per tentato omicidio e per omissione di soccorso. Al lavoro i carabinieri che hanno raccolto testimonianze, video, documenti ed intercettazioni telefoniche ed ambientali. Ma le prove a carico dei due non hanno mai fino in fondo convinto i pubblici ministeri che ad aprile scorso hanno chiesto l’archiviazione della posizione dei due.
L’episodio avvenne nel tratto di costa compreso tra lo scoglio di Frisio e la Grotta Azzurra a Trani davanti ad un locale che aveva da poco chiuso e dunque a notte inoltrata. Il 35enne andriese, finito sulle rocce dopo un volo di diversi metri, riportò gravi traumi facciali, lesioni vertebrali e toraciche e la frattura di un ginocchio. Ad allertare i soccorsi furono alcune persone presenti nei pressi del locale. Il giovane venne condotto in ambulanza all’ospedale “Bonomo” di Andria, dove venne ricoverato nel reparto di Rianimazione e tenuto in coma farmacologico. Secondo l’ipotesi sostenuta anche dal 35enne attraverso i suoi legali, l’uomo precedentemente indagato avrebbe spinto la vittima verso il vuoto al culmine di un violento litigio, scoppiato per motivi ancora del tutto da chiarire. Alla ragazza, il 35enne, contestava invece il mancato soccorso. Ma lo stesso uomo avrebbe precisato già nella denuncia di non avere ricordi nitidi sull’accaduto. Il gip ha precisato nel dispositivo di archiviazione sia che il 35enne fosse «in uno stato verosimile di alterazione psicofisica» e sia che «tutti i testi ascoltati, non hanno personalmente assistito ai fatti». Due elementi che hanno fatto propendere il giudice per l’archiviazione così come chiesto dai pm e per cui il legale del 35enne si era opposto.