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Cronaca

LECCE | Soldi in cambio di sentenze favorevoli al Tribunale di Bari, chiuse le indagini preliminari: tra gli indagati l’ex gip De Benedictis

Si è conclusa la prima fase delle indagini, avviate dalla Procura della Repubblica di Lecce, sulla cosiddetta “giustizia svenduta” al Tribunale di Bari, con presunti episodi di tangenti pagate in cambio di scarcerazioni facili. L’inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, è sfociata, lo scorso 24 aprile, negli arresti dell’ex gip barese Giuseppe De Benedictis e dell’avvocato Giancarlo Chiariello.

Il primo è tuttora in carcere, il secondo ha ottenuto da pochi giorni i domiciliari dopo aver trascorso due mesi in cella. Entrambi sono stati raggiunti da un avviso di conclusione delle indagini, notificato dai magistrati leccesi anche ad Alberto Chiariello (figlio del penalista), alla collaboratrice dello studio legale Marianna Casadibari; e poi all’avvocato foggiano Michele Pio Gianquitto, ad Antonio Ippedico, Roberto Dello Russo e Danilo Pietro Della Malva (oggi collaboratore di giustizia), alla compagna di quest’ultimo, Valeria Gala e infine al carabiniere (che era in servizio alla Procura di Bari) Nicola Soriano.   

Gli indagati sono accusati, a vario titolo, di corruzione in atti giudiziari e rivelazione del segreto d’ufficio. Quattro gli episodi al centro dell’inchiesta, ovvero le presunte tangenti che sarebbero state versate dall’avvocato Chiariello al giudice De Benedictis, per la scarcerazione di Ippedico, Dello Russo, Gianquitto e Della Malva.

Durante una perquisizione in casa dell’ex gip, gli inquirenti trovarono circa 60mila euro in contanti, mentre nell’abitazione del figlio dell’avvocato Chiariello vennero sequestrati tre zaini con all’interno oltre 1 milione e 200mila euro.

Chiusa la prima parte dell’inchiesta le indagini andranno comunque avanti nel tentativo di far luce su altri presunti episodi di corruzione.

Il giudice De Benedictis, che nel frattempo ha lasciato la magistratura, è stato raggiunto anche da una seconda ordinanza di custodia cautelare, per traffico e detenzione di armi ed esplosivi. Il provvedimento a suo carico è scattato a seguito del ritrovamento, nell’aprile scorso, da parte della Squadra Mobile di Bari, in una villa alla periferia di Andria di proprietà dell’imprenditore Antonio Tannoia, di un vasto arsenale da guerra riconducibile al giudice, noto collezionista di armi.

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