Cronaca

POTENZA | Soldi da “ripulire” investiti per produrre fragole: 18 arresti nel metapontino

Quasi quattro milioni di euro di provenienza illecita sono stati «investiti», dal 2013 al 2019, soprattutto nella produzione di fragole, nel Metapontino, senza che transitassero su nessun conto corrente aziendale: è il risultato di maggior rilievo emerso durante l’operazione di Carabinieri e Guardia di Finanza che, stamani – con la regia della Direzione distrettuale antimafia di Potenza – ha portato in carcere 12 persone, altre sei agli arresti domiciliari e altre sei ancora all’obbligo di dimora.

La Dda potentina ritiene di aver scoperto «il più raffinato ed insidioso meccanismo di riciclaggio e reimpiego di denaro di provenienza illecita» – cioè dal traffico internazionale di droga – «per milioni e milioni di euro» mai scoperto finora in Basilicata: l’inchiesta ha individuato cinque piazze di spaccio, tutte in provincia di Matera, e i canali di approvvigionamento che partivano dalla Puglia, dalla Calabria, dalla Campania e dall’Albania, compresa la produzione «in proprio» di cannabis.

Gli indagati sono accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga (cocaina, marijuana e hascisc, soprattutto), estorsione, trasferimento fraudolento di valori, impiego di denaro di provenienza illecita e autoriciclaggio, incendio e induzione e rendere false dichiarazioni. Il gip, nell’emettere i provvedimenti cautelari, non ha ritenuto che vi fossero i «gravi indizi» – sostenuti dalla Procura – per contestare il reato di associazione per delinquere di tipo mafioso.

Al centro dell’attività criminale scoperta vi è un’azienda agricola nella quale venivano reimpiegati i «capitali illeciti nella disponibilità del sodalizio criminale»: è accaduto anche che fossero acquistati, in contanti, prodotti ortofrutticoli da terzi, «poi etichettati e rivenduti come produzione propria». In tal modo, si è riusciti a «perfezionare il circuito di ripulitura dei proventi illeciti». Proprio grazie ai fondi illeciti, i soci dell’azienda agricola finita al centro dell’inchiesta hanno potuto fare – secondo l’accusa – «sempre maggiori investimenti, acquistando terreni, immobili, attrezzature» – senza ricorrere al credito bancario – distorcendo così il mercato ai danni di aziende non dotate della stessa quantità di risorse.

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